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IL PROCURATORE DI CUSTOZA

D'Amico, dal Canada con furore: «Il calcio non ha più frontiere, il suo futuro è in America»

Andrea D’Amico con Bernardeschi e il presidente del Toronto Bill Manning
Andrea D’Amico con Bernardeschi e il presidente del Toronto Bill Manning
Andrea D’Amico con Bernardeschi e il presidente del Toronto Bill Manning
Andrea D’Amico con Bernardeschi e il presidente del Toronto Bill Manning

Dal Canada è tornato trionfatore Andrea D’Amico. Di nuovo nella sua Custoza dopo aver conquistato l’America, lasciando a Toronto pezzi grossi come Insigne, Bernardeschi e Criscito. La nuova era della Mls, i nuovi orizzonti del calcio globale. Precursore ancora una volta, passato dai contratti dorati di Lentini e Del Piero fino ad aprire le strade del futuro. Un perfetto visionario. «Ho solo dimostrato che il calcio ormai non ha più frontiere», il quadro, «se due campioni d’Europa come Insigne e Bernardeschi oltre ad un ottimo giocatore come Criscito scelgono di andare in Canada. Di confini non ce ne sono più, soprattutto grazie alla tv. Non cambia nulla se una grande partita si gioca a Torino o a Los Angeles».

Sarà più l’America a guardare verso l’Italia o viceversa?

La via è aperta in entrambe le direzioni. Gli americani hanno scoperto di poter investire molto in Italia, come ha fatto Saputo a Bologna. Le proprietà straniere un giorno cambieranno il nostro sistema, una volta ottenuta la maggioranza in Lega. Ragionando in maniera collettiva.

Così traballante il movimento italiano?

«È come una Ferrari con un grande motore ma che necessita di passare il prima possibile dal carrozziere. Per produrre uno spettacolo di alto livello non basta avere rose di qualità. Ci vogliono prima di tutto stadi accoglienti che possano vivere tutti i giorni. Con ristoranti, centri commerciali, concerti. E non aprire una volta ogni due settimane come in Italia. Tranne poche eccezioni, i nostri stadi non sono all’altezza. Ci sarà un motivo se il nostro calcio incassa quasi quattro volte meno della Premier.

Più laborioso spostare Insigne o Bernardeschi?

Sono state due operazioni molto difficili, per cui c’è stato bisogno prima di tutto di tanta riservatezza. Per Insigne è sembrato quasi di fare un atto di lesa maestà nei confronti del capitano del Napoli ancora in corsa per lo scudetto. Per Bernardeschi il freno vero è stato l’aver dovuto incrociare velocemente le normative contrattuali americane con quelle europee.

Come mai Verona non è ancora entrata fra gli obiettivi dei grandi investitori?

A volte dipende solo dalle circostanze ma Verona suscita molto interesse. Basti pensare a bellezza e vivibilità della città, oltre ad essere stata l’Hellas l’unica provinciale ad aver vinto lo scudetto.

Suggerimento a Setti?

«Setti è molto bravo. Dalla promozione del 2019 con Aglietti ha saputo rimanere in A far lievitare giocatori, allenatori e dirigenti. Dicono che il Verona recente l’abbia creato Juric. Io dico che il Verona ha dato a Juric una grande opportunità. È un grande valorizzatore Setti. Ma non ci deve mai addormentare. Se retrocedi ti ritrovi in un attimo in realtà del tutto diverse. Come la B o la C. Bello se il Villafranca dovesse salire in Serie A, coi meriti tecnici ci può riuscire. Ma senza le altre componenti non potrebbe rimanerci.

Come sarà il calcio italiano nei prossimi anni? Di quali altri antidoti dovrà dotarsi una società come il Verona?

Dovrà cercare intanto di essere sempre più competitiva: ovvio che tutto sarebbe diverso se il Verona fosse una franchigia e potesse portare avanti il suo progetto con serenità. Anche sbagliando una o due stagioni il business non andrebbe in crisi. Invece ora fai un passo falso e sei morto. E il fallimento non è solo il tuo. È quello dei fornitori, ma anche dei tifosi. Pensate al Bari o al Palermo falliti, pensate al Catania che dovrà ripartire dalla Serie D. Il danno è anche sociale, non solo economico.

Giusto aver ceduto Caprari?

Finché resta tutto così aleatorio devi cercare prima di tutto di ottimizzare le risorse. Impossibile trattenere uno che ha fatto molto bene senza essere sicuro che continuerà ad avere quel rendimento con un allenatore diverso e in un contesto differente.

Già ventisei anni fa portò Vialli al Chelsea, poi Amoruso e Maniero ai Rangers, quindi è entrato in Russia, a Dubai, ora in America. La prossima frontiera?

Ancora quella della Mls, dove ci sono grandi margini. Insigne e Bernardeschi non torneranno più perché un simile livello di vita in Italia non c’è. C’è un’altra osmosi, al di là del fatto che ogni partita è organizzata come una finale di Champions League. L’America guarda ora verso la Formula Uno, fino a poco tempo fa considerata sorella minore della Indy. E il mio futuro, Italia a parte, sarà ancora nella Mls. Poi magari staccherò un po’ la spina.

Alessandro De Pietro

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