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Punto e rimpianti

LIGNANO SABBIADORO (Udine) La doccia, gelida, arriva proprio quando quelli del Chievo, probabilmente, già pregustavano quella calda. Premio più che legittimo (sarebbe stato) per una vittoria costruita fino a quel momento con grande risolutezza, spirito, corsa, virtù di gruppo. Nonché pazienza - quella di saper attendere l’attimo fuggente per colpire - e sana vocazione alla trincea sotto la spinta, disordinata ma fastidiosa, del nemico. Pareva tutto a posto. Il gol dell’imprendibile Fabbro, quel vantaggio risicato ma preziosissimo, il quinto squillo consecutivo a consolidare la corsa allo storico record di vittorie la corretta posizione di vertice. E l’ennesimo messaggio lanciato al pianeta B. Pareva fatto finché la fatica non ha probabilmente finito per offuscare i pensieri, intaccare le sicurezze del gruppo e infilare qualche maledetto granello di sabbia nel palleggio difensivo gialloblù per mandare in porta il “ramarro” Musiolik. Uno scatto, il fendente del 91’, l’urlo della porzione friulana del “Bruno Teghil” di Lignano, campo di casa del Pordenone. Un pari, insomma, e qualche robusto rimpianto da riportare a Verona. Un punto e la smorfia di delusione che accompagnerà Aglietti e i suoi ragazzi alla seconda sosta del campionato. Il tempo rimarginerà il dispiacere ma non restituirà i punti smarriti. Né cambierà la sensazione, precisa, di aver lasciato qualcosina di troppo a causa dei soliti, vecchi, inguaribili difetti. I fatti? Il Chievo anche stavolta, contro un’avversaria ben sistemata sul campo, muscolare e ruvida pure oltre la media, non ha certamente rinunciato a giocarsela. Anzi, fin da subito ha esibito netti segnali di superiorità. Tecnica, tattica, anche fisica. Quindi tutte le zolle di campo ben coperte, il palleggio sicuro, la reattività eccellente ad assecondare l’alta intensità della gara, che Aglietti aveva del resto predetto. All’intervallo il rimpianto è quello di non aver saputo trovare lo sprint giusto negli ultimi venti metri. Di aver messo pressione ai “ramarri” senza soffocarli. E di non aver saputo capitalizzare la solita occasione capitata a Djordjevic, non abbastanza crudele a pochi metri da Perisan. Tema non tanto diverso nella ripresa, a parte l’iniziale fiammata dei padroni di casa. E giusto dunque il vantaggio di Fabbro, uno degli uomini in più di questa prima parte di stagione, sveltissimo a infilarsi e castigare in un varco quasi impossibile. Gara in mano, a questo punto, e Pordenone in chiara difficoltà. C’è da reggere, certo, ma meglio sarebbe chiuderla prima sbattendo dentro il gol della tranquillità, che sembra materializzarsi almeno una, due, tre volte per sfuggire regolarmente. Peccato pagato carissimo sull’assolo letale dei rivali in pieno recupero. Niente cinquina? Infatti. Ma la corsa non finisce certo qui. •

Francesco Arioli

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