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Ongenda, ultima chiamata Il Chievo terra del rilancio

Il direttore sportivo Sergio Pellissier ed Hervin Ongenda FOTOEXPRESS
Il direttore sportivo Sergio Pellissier ed Hervin Ongenda FOTOEXPRESS
Il direttore sportivo Sergio Pellissier ed Hervin Ongenda FOTOEXPRESS
Il direttore sportivo Sergio Pellissier ed Hervin Ongenda FOTOEXPRESS

Girava l’Europa senza meta. Fuori dai giochi, lontano dal calcio. Hervin Ongenda s’era perso, distante dalla Parigi che l’aveva prima illuso e poi fatto scappar via perché un ragazzo che a 19 anni è già coi grandi nel Psg richiama di tutto. Anche cattivi consiglieri e gente che non voleva proprio il suo bene. Stavolta non è la storia di un ragazzo di strada, come tanti di quelli emersi dalle banlieu parigine secondo Arsene Wenger il miglior bacino di periferia al mondo dopo San Paolo. Dove sono nati Mbappé, Pogba, Matuidi, Kantè, Mendy e prima ancora Henry, Vieira e Thuram. Siamo lì, ma non c’è fame nella sua infanzia. Solo assenza di regole e vita sempre ai bordi del marciapiede. Parecchio attratto dalle distrazioni, dalle vie pericolose, dalle cattive amicizie, dai ritardi agli allenamenti diventati consuetudine anche nella lussuosa casa del Psg. Fino a un mese fa relegato al Botosani, nella Romania che guarda verso la Moldavia, ennesimo punto di partenza di un cammino pieno di tormenti. Dopo aver perso la prima occasione di rivincita al Bastia, dopo essere rimasto svincolato dal Psg, dopo essersi sentito un pesce fuor d’acqua allo Zwolle in Olanda. Di nuovo senza contratto a 22 anni, quando i fallimenti cominciavano ad essere parecchi. Soprattutto per chi aveva visto il calcio vicino ad Ibrahimovic, Cavani, Lavezzi nella Parigi degli sceicchi, della Champions e di quelle luci abbaglianti ma anche piene di rischi che ormai l’avevano accecato. PACCO POSTALE. Trattato come un bancomat da chi l’ha gestito prima di Daniele Pinna, agente Fifa che in passato fra le vecchie conoscenze del Chievo incrociò anche Kevin Constant e che ad un certo punto è diventato uno dei pochi a credere nelle qualità di Ongenda. Altissime ai tempi del Psg, sorvegliato anche dalla Juve e dal Manchester City quando tutto filava liscio. Quando la vita in campo pareva tutta in discesa, quando a vincere era solo il talento. Pellissier è volato fino in Romania per dargli un occhiata contro il Vitorul. A vederlo saltare l’uomo e a puntare la porta, a creare superiorità numerica e a fornire i compagni di palle pulite. Di nuovo ricoperto di fiducia Ongenda, protetto come si deve, incanalato nella giusta direzione dopo aver perso tanti treni e viaggiato a vuoto. Atterrando e ripartendo velocemente dall’Irlanda. Rimanendo una settimana appena a Edimburgo, rimandato indietro anche dalla Scozia perché l’Hibernian aveva bisogno di un giocatore pronto e lui in quei mesi da girovago certo non poteva esserlo. Un po’ di pazienza in più la mostrò il Bolton, nella Championship inglese, senza però dargli più di un mese. Troppo poco perché potesse riprendere il volo. Altra porta chiusa. L’ennesima. ULTIMA CHIAMATA. Neanche al Levski Sofia due anni fa andò tanto meglio, quando Ongenda non convinse nemmeno Delio Rossi. Scartata pure la Bulgaria, venne il momento della Spagna. Al Murcia, con due partite appena proprio alla fine della stagione. Altro capitolo nero. Senza vedere un euro. Fino all’ultima chance, guardando di nuovo ad est. Al Botosani s’è riacceso, come quel giorno davanti a Pellissier. Quando s’è aperta la porta dell’Italia. E quella di Veronello. Coi piedi per terra il Chievo. Contratto fino a fine stagione, poi libero di scegliere se prolungarglielo per altri due anni o se far cadere un’opzione del tutto libera. Senza vincoli legati a presenze o a obiettivi di squadra. Ha scelto la maglia numero 11, cresciuto nel mito di Ronaldo il Fenomeno e col sogno di diventare un campione. Alle spalle tutte le nazionali giovanili compresa l’Under 21 e quella presenza del 2013 contro l’Armenia nella Francia dei vari Martial e Laporte, stelle di Manchester United e City, ma anche di Kondogbia passato velocemente dall’Inter e di Veretout che oggi guida la Roma. Era fatto di questa pasta anche Ongenda, prima di smarrirsi e di trovar rifugio a Veronello. Il primo impatto è stato buono. Allenarsi gli piace, la squadra anche. La condizione verrà, fermo ai novanta minuti del 19 dicembre nella vittoria con la Dinamo Bucarest prima che il campionato rumeno andasse il letargo. Un altro Vignato sulla carta, ma anche potenzialmente un gran giocatore. Al di là del ruolo. Il Chievo ci crede, ora tocca a lui. •

Alessandro De Pietro

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