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Marcolini a metà del guado È caccia a Delneri e Iachini

Prima di ritorno col  Perugia:  riparte l’assalto del Chievo alla A
Prima di ritorno col Perugia: riparte l’assalto del Chievo alla A
Prima di ritorno col  Perugia:  riparte l’assalto del Chievo alla A
Prima di ritorno col Perugia: riparte l’assalto del Chievo alla A

Qualcosa manca. La storia del Chievo racconta di altre cadenze, di marce molto più veloci, di scatti difficili da reggere per tutti. Alla fine dell’andata il passo di oggi è ancora esitante, al contrario delle versioni del 2001 e soprattutto del 2008 quando le condizioni erano altre e le rose di ben altro spessore. Il Chievo di Michele Marcolini, numeri alla mano, è sullo stesso livello di quello della penultima annata prima di volare in A con Delneri. Ventisei punti, a fine andata ottavo a cinque dal Napoli che poi salì con Vicenza, Atalanta e Brescia ma al tirar delle somme quindicesimo con due punti appena sulla zona salvezza dopo un ritorno pieno di alti e bassi. Quando però la linea del traguardo era molto diversa da quella di oggi. Quando il Chievo all’epoca di Balestro e Miani non era certo quello che l’estate successiva cominciò ad aggredire la Serie B fino a conquistarla dopo una lunga volata con Torino, Piacenza e Venezia, davanti a Samp, Empoli, Cagliari, Genoa e compagnia. Ancor più impressionante il Chievo di Iachini, quando le pareti del Chievo erano più spesse e la retrocessione era ferita apertissima, dopo sei campionati di Serie A e picchi prima inimmaginabili. Quando Veronello era pieno di leader, quando Pellissier a metà del percorso ne aveva messi già dieci e avrebbe chiuso a 22, quando fu spaventoso anche il contributo dei centrocampisti a partire Marcolini per finire ad Italiano. Con 14 gol in due, otto più sei. Come essere in paradiso. IL PARALLELO DEL ’97. In vantaggio a metà del percorso il Chievo di oggi rispetto alla talentuosissima creatura di Malesani del 1997, quella resa splendente dal giovane Fiore, dall’impeto di Zamboni salito dal vivaio e dall’implacabile Cerbone che di gol alla fine dei conti ne segnò 20, nella classifica cannonieri alle spalle solo di Dionigi della Reggina. Decimo a metà strada contro l’undicesimo di quello attuale, settimo in fondo al rettilineo con qualche rimpianto e occasioni perse fra vittorie gettate al vento e rimpianti uno dietro l’altro. Quando però il Chievo aveva cominciato a ragionar diversamente. A guardare verso l’alto e a programmare di conseguenza. Quando l’apprendistato era ormai finito, quando la Serie A non appariva più un mondo irraggiungibile dopo le prime stagioni trascorse ad aggrapparsi alle intuizioni di Malesani e ai gol soprattutto di Michele Cossato. Fino al salto definitivo, a cominciare dal mercato. Vedi l’acquisto di Sinigaglia, uno che col Torino aveva respirato anche l’aria delle coppe europee. Alla fine deludente, ma lo specchio di una società che non voleva rimanere ferma adagiandosi sulla B afferrata nel 1994. COMUN DENOMINATORE. Il Chievo di Marcolini rispetto ai precedenti otto è terzo per numeri di punti e per gol realizzati, quinto per reti incassate, ad un punto appena dai playoff ma anche ad otto dal Pordenone che oggi sarebbe in A con l’inarrivabile Benevento. Confronti di epoche diverse, quando la regola dei tre punti a vittoria era ancora tutta da digerire e la media gol non era quella di oggi. Variabili differenti, ma tratti comuni. Correndo all’indietro nel tempo l’angolo più buio rimane quello del 1998, con 21 punti e quei mesi faticosi con Mimmo Caso fino alla scelta della soluzione interna chiamando Balestro e Miani, com’era stato anche se con contorni molto più marcati con Malesani dopo De Angelis e via via con tutti gli altri. Da Di Carlo a Corini fino a D’Angelo, D’Anna e Maran. C’è un altro filo sottile che accomuna il Chievo di B, naturale conseguenza di chi ha sempre saputo preparare il terreno quasi con scientifica regolarità. Solo una volta, nel 2000, i punti totalizzati al ritorno furono meno che all’andata. Trascurando la cavalcata di Iachini, quando dopo i 43 prima del giro di boa nella seconda metà di campionato ne arrivarono 42. All’iperbolica media di 2,23 a partita. Altro livello, altri giocatori. Gente di A, con tanti fedelissimi, trasferita per dieci mesi al piano di sotto. Anche adesso però il quadro non è male. Le premesse per viaggiare più veloce il Chievo le ha già tutte in casa. A cominciare dalle stelle che finora hanno brillato ad intermittenza ai giovani ora con un bagaglio molto diversi rispetto a quest’estate. Con un rodaggio ormai terminato e un allenatore sempre più padrone della materia. E pronto a riscrivere la storia. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Alessandro De Pietro

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