<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
La pronuncia del Consiglio di Stato

La rabbia del Chievo: «Risarcimento sacrosanto. E ci devono pure le scuse»

Giorgio De Giorgis
Giorgio De Giorgis
Giorgio De Giorgis
Giorgio De Giorgis

La spinta arriva pure dal Chievo di ieri. I più vicini a Luca Campedelli, quelli al suo fianco fino alla fine. Il segnale del Consiglio di Stato va cavalcato fino in fondo, aspettando la decisione della camera di consiglio del 23 giugno dopo che il presidente della sezione Quinta Luciano Barra Caracciolo il 7 giugno ha scritto che dei ricorsi presentati dal Chievo può esservi un «accoglimento necessariamente limitato» rispetto al cosiddetto «svincolo» senza che vi siano per questo effetti retroattivi sui tesserati. E la «sua naturale composizione» andrà trovata «sul piano della tutela risarcitoria» nei confronti degli organi federali in quanto viene impugnata e censurata «la natura espropriativa della disciplina regolamentare in tema di svincolo d’imperio». Per cui sarebbe possibile, prosegue il dispositivo, per il ricorrente «proporre un certo qual piano di rientro ai fini del concordato», possibilità «prima inesistente». Da qui la richiesta del Chievo quantificata in 140 milioni
Restando confermate invece tutte le altre misure.


Conti fatti De Giorgis è da sempre uomo di fiducia della famiglia Campedelli. Di Luca e prima ancora di papà Gigi. Direttore sportivo in quel periodo burrascoso. «Nei confronti del Chievo», la sua convinzione, «c’è stato un particolare accanimento, tutto il contrario di altre società. Anche altri non avevano tutta la documentazione necessaria, non solo noi». 
Il 3 agosto l’ultima mazzata. «Aver svincolato i giocatori è stata una tragedia. Non so se il Chievo tornerà dov’era prima», il punto di De Giorgis, «ma è naturale che il risarcimento ci sta tutto. E anche chiedendoci scusa». 
I conti erano già fatti, il piano che aveva messo in cantiere la società per rientrare dal debito e restare competitiva. «Avremmo avuto, la scorsa stagione, un monte-stipendi da quattro milioni e 200mila euro. Calcolate», il quadro di De Giorgis, «otto milioni per i diritti televisivi, due o tre per incassi e sponsor e avremmo superato i dieci. Stavamo per vendere Semper, per cedere Leverbe per un milione al Pisa, Mogos per due allo Spezia, Vignato per molti di più al Monza. In rosa avevamo anche gente come De Luca e Viviani. Sarebbero stati più di venti milioni coi quali avremmo dilazionato l’iva, saldato il debito col Comune per il Bentegodi, pagato vecchie commissioni».

Leggi anche
Chievo, lo sfogo di Campedelli: «Senza calcio è stata durissima»


Ferita aperta Di Taranto adesso è al Trento, direttore generale di quell’ultimo Chievo. «La sorpresa fu tanta, mai avrei creduto che venisse respinta l’iscrizione. Ho sperato fino a novembre nella riammissione, quel che il Chievo meriterebbe anche adesso. Al di là del risarcimento per tutto il danno subito. L’ingiustizia c’è stata», la certezza, «prima di tutto nei confronti di Luca Campedelli ma anche verso i dirigenti, i tecnici, i dipendenti e le loro famiglie. Ho sofferto cercando sempre di avere fiducia vista l’evidenza dei fatti. Questa apertura del Consiglio di Stato non può che essere un segnale benaugurante, la dimostrazione che qualcosa s’è sbagliato».


Il grande nodo La chiave resta quella di sempre. «Ai contribuenti che l’Agenzia delle Entrate considerava “in bonis” cioè solvibili prima della catastrofe pandemica», ribadisce de Bosio, uno dei legali del Chievo, «la legge tributaria ha chiesto di pagare le rate in corso all’8 marzo 2020 anche durante la pandemia. Ai contribuenti ritenuti “non in bonis” già prima di quella data, quelli che non si erano messi in regola spontaneamente e dunque avevano ricevuto cartella esattoriale prima dell’8 marzo, la legge tributaria ha invece concesso di nulla pagare dall’8 marzo al 31 agosto 2021. Le squadre messe peggio, già piene di cartelle esattoriali, hanno potuto pagare nulla da allora fino a fine agosto dell’anno successivo. Quelle messe meglio, che mai avevano ricevuto la cartella esattoriale, hanno dovuto continuare a pagare per non decadere dalle rateazioni. Né questi ultimi, tra i quali il Chievo, hanno avuto accesso, a causa del cosiddetto “blocco dei ruoli”, alle rateazioni esattoriali. Rimanendo quindi in un limbo infernale, morosi irredimibili senza che neppure potesse bastare pagare le rate scadute, magari in ritardo, in quanto la regola è che, scadute le rateazioni bonarie, si deve attendere l’iscrizione a ruolo esattoriale con sanzioni e competenze dell’agente della riscossione e la necessità di un calcolo impossibile da fare in autonomia».
Fino all’equivoco finale. «Peccato che la Figc, pur conoscendo la discriminazione, il 21 maggio dell’anno scorso, quando emette le regole per l’iscrizione al campionato, chiede di dimostrare il pagamento di tutte le rate scadute, senza distinguere tra esattoriali o bonarie. Solo che delle esattoriali non può esserne scaduta neppure una, dopo l’8 marzo, tutte prorogate. Quelle bonarie erano invece scadute e né, fino al 31 agosto 2021, il debito poteva essere convertito con una nuova rateazione. L’esclusione del Chievo e dello svincolo è un clamoroso errore della legge tributaria emergenziale che la Figc non solo non ha corretto ma ha persino peggiorato». 

 

Alessandro De Pietro

Suggerimenti