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«La A? Le favorite sono altre Ma il mio Chievo può stupire»

Luca Palmiero, 24 anni, napoletano. Gioca nel Chievo da poco meno di due mesi FOTOEXPRESS
Luca Palmiero, 24 anni, napoletano. Gioca nel Chievo da poco meno di due mesi FOTOEXPRESS
Luca Palmiero, 24 anni, napoletano. Gioca nel Chievo da poco meno di due mesi FOTOEXPRESS
Luca Palmiero, 24 anni, napoletano. Gioca nel Chievo da poco meno di due mesi FOTOEXPRESS

Cerca la consacrazione personale benché armonizzata coi benefici di squadra, nasconde il suo Chievo in ottica promozione ma non esclude che possa rivelarsi la sorpresa del campionato. Poi svela l’ammirazione per il carisma e il percorso professionale di Daniele De Rossi e si augura di accrescere la quota di incisività in zona gol. Al microfono Luca Palmiero, il genietto della mediana gialloblù tutto eleganza e intuizioni, calcio pensato soprattutto in verticale agevolato dalla qualità tecnica e dalla vista sviluppata a 360 gradi. Ha abbracciato il Chievo due mesi fa ma ci ha messo appena due giorni per diventare praticamente insostituibile: «Quella è stata un’operazione lampo», ricorda. «Mi ha chiamato il mio procuratore la sera e mi ha detto “guarda, domani se vuoi vai a Verona che c’è il Chievo”. E il così ho fatto». Nessun dubbio sul fatto che fosse la scelta giusta? «No, nessun dubbio». Come è stato l’impatto con l’ambiente, col gruppo, con la nuova realtà? «L’impatto è stato positivo con tutti. Sono arrivato e dopo tre giorni c’era la partita di Pescara. Sensazioni subito buone». È sembrato da subito calato nel ruolo. Merito della sua capacità di adattamento? O del gruppo? O di Aglietti? «Il merito va suddiviso tra tutti quanti. La squadra mi ha accolto bene, mi ha fatto sentire a mio agio. Merito dei compagni e merito del mister che mi ha buttato subito nella mischia». Ci sono compagni coi quali ha legato di più? Magari perché li conosceva già? «Ho ritrovato Garritano, col quale avevo giocato a Cosenza, e Pucciarelli, che aveva giocato con me l’anno scorso a Pescara. Ma posso dire che ho davvero un buon rapporto con tutti». Qual è stata la prima cosa che le ha detto Aglietti quando vi siete incontrati? Nessun messaggio particolare? «No. Mi ha semplicemente detto che erano tutti contenti che fossi arrivato». Qualche giorno fa proprio Aglietti ha spiegato che a lui piacciono i giocatori che sanno prendersi dei rischi, anche a costo di sbagliare. E Palmiero sembra uno che va sempre alla ricerca di palloni in verticale, di un calcio più incisivo, al di là del pericolo di perdere palla... «Io per caratteristiche, pur nella mia breve carriera, ho sempre cercato di giocare palla in avanti. È il mio modo di pensare il calcio». Cos’è che i tifosi del Chievo (pur dalla tv) non hanno ancora potuto apprezzare di Palmiero? E cosa pensa che le manchi per essere il giocatore che vorrebbe? «Io penso senz’altro di poter fare di più di quello che ho fatto in questo inizio di stagione. Sono passate sette partite, la condizione ormai è ottimale. In assoluto vorrei migliorare sotto il profilo della personalità, del temperamento. E vorrei diventare più decisivo in zona gol. Segnando ma anche offrendo assist». Tre qualità di Palmiero dal punto di vista umano. «Io penso di essere una persona buona, positiva anche nei confronti dei compagni di squadra. E non mi piace l’egoismo, sia nei rapporto con gli altri che anche nel calcio. Cerco sempre di mettere la mia famiglia e la mia ragazza davanti al sottoscritto». E tre difetti? «Tre? Sono tanti...». Beh, magari non ne ha... «Ci mancherebbe. Tendo magari a preoccuparmi troppo di cose che non meritano attenzione. Ansioso? No. Ipocondriaco? Neppure. Diciamo che qualche volta potrei evitare certe inutili inquietudini». Palmiero ha l’aria di parlare poco in campo. Quello è un pregio o un limite? «Bisogna saper comunicare sempre nella giusta maniera. E con atteggiamento positivo. Urlare? Inutile. Poi non so quali sensazioni dia io dal campo. Credo che ci siano momenti in cui serve aprire bocca e altri in cui va pure benissimo il silenzio». L’impatto con Verona? «Ottimo. La città è bellissima, tranquilla. Io ho anche preso casa in centro e la macchina la uso solo per venire al campo. Peccato che la situazione generale, per via del Covid, impedisca di frequentare i luoghi e le persone come vorrei. Sono stato poco a cena fuori, non conosco ancora bene la cucina veronese. Ma qui mi trovo benissimo». Il suo idolo? Un suo modello, nello sport e nel calcio? «Daniele De Rossi. Mi piace e mi è sempre piaciuto tanto per la carriera che ha fatto, per il carisma, per il fatto che ha saputo diventare una bandiera della sua squadra». La partita di sabato Vicenza sarebbe arrivata perfetta anche per cancellare l’incazzatura di Lignano... «Chiaro che abbiamo voglia di riprenderci quello che abbiamo lasciato col Pordenone ma vi dico che il gruppo è sereno. C’è ancora rammarico, certo, ma è il momento di lasciarcelo alle spalle e pensare solo alla partita che arriverà». Cosa manca al Chievo per essere al suo cento per cento? «Penso che dobbiamo solo proseguire come abbiamo iniziato. Arriveremo al cento per cento se sapremo mantenere questa continuità. Quello che potremo fare ce lo diranno le prossime partite». Chi finirà in Serie A? «Le mie favorite sono Empoli, Spal, Lecce, Monza... Quelle che hanno speso di più. Poi ogni anno salta fuori la sorpresa e mi auguro che stavolta lo sia il Chievo. Dipenderà soprattutto da noi e dalla nostra capacità di mantenere la necessaria continuità di risultati». Che cosa vorrebbe leggere Palmiero di se stesso a fine campionato? «Vorrei poter apprezzare la crescita che mi è mancata l’anno scorso, in quello che doveva essere il campionato della consacrazione. E vorrei che questa consacrazione arrivasse con un grande risultato di squadra, oltre che personale». La prospettiva di ritrovarsi in A tra un anno col Chievo che sensazioni induce? «Io in A non ho mai giocato, chiaramente mi piacerebbe arrivarci. Con un campionato vinto alle spalle poi so che avrebbe tutto un altro sapore...».

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