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«Il Chievo può ritornare in A È più forte dell’anno scorso»

Alfredo Aglietti dirige la sua squadra dalla panchinaMassimo Rastelli
Alfredo Aglietti dirige la sua squadra dalla panchinaMassimo Rastelli
Alfredo Aglietti dirige la sua squadra dalla panchinaMassimo Rastelli
Alfredo Aglietti dirige la sua squadra dalla panchinaMassimo Rastelli

Loro in Serie A ci sono già andati. Loro sanno come si fa. Rastelli col Cagliari, Baroni col Benevento, Longo col Frosinone. «Il Chievo ha tutto per farcela», il pensiero unanime dei tre, in questo momento a osservare la B da un trono da cui nessuno potrà più farli scendere. Le abitudini comuni come base, la profondità dell’organico come garanzia, piedi buoni ovunque come valore aggiunto, Aglietti a mettere tutto insieme. TANTE ADDIZIONI. Rastelli vinse il campionato nel 2016, nel Cagliari di Cragno, Farias, Sau e del primo Barella. Il Chievo di oggi gli piace molto. «Quando sei avanti nelle conoscenze e prosegui con le stesse idee è più facile raccogliere velocemente dei risultati», il punto di partenza di Rastelli, reduce dalla parentesi non entusiasmante con la Cremonese, «la forza del Chievo non è in discussione, ancor più competitivo di quello arrivato alle semifinali dei playoff. Palmiero due anni fa fu una delle rivelazioni della B a Cosenza, poi ha avuto qualche problema fisico, ma ha grande personalità e ottima visione di gioco. Garritano non ha fatto il salto ad un livello più alto, ma quando è in forma è merce rara». E aggiunge: «Mi piace molto pure Canotto, anche se alla Juve Stabia dopo il lockdown s’è un po’ perso. So quanto può incidere però nell’uno contro uno. Non trovi poi in giro tanti terzini da quattro o cinque gol come Mogos. L’ho avuto a Cremona, so quanto è bravo. Uno con grande gamba, grande corsa, eclettico tatticamente e con una rimessa laterale considerevole. Dai suoi lanci con le mani tre o quattro gol li abbiamo anche segnati. E gli esterni bassi sono fondamentali nel gioco moderno. Come Renzetti, altro mio giocatore alla Cremonese. Ci sono poi quelli fuori concorso come Obi e Giaccherini. Conta anche l’insieme però, non vinci se non hai un gruppo che sa lavorare insieme». RADICI PROFONDE. Marco Baroni salì col Benevento nel 2017, insieme a Spal e Verona. Con lui c’era anche Ciciretti, pezzo forte del mercato del Chievo. «Ho parlato con lui, credo abbia fatto tesoro di certe esperienze non proprio positivissime. Il ragazzo forse ha pagato il salto verso l’alto e l’essere andato in una grande come il Napoli, ma in B soprattutto sa darti superiorità numerica col dribbling e col passaggio, ha tiro e sa aiutare il collettivo. E le qualità tecniche sono eccelse, lo ricordo dai tempi in cui io ero alla Juventus e lui alla Primavera della Roma. A Benevento la zona di destra con lui, Falco e Venuti ci diede molto», il parallelo di Baroni, centrale difensivo anche del Napoli scudettato nel 1990 dopo la promozione in A del 1997 nell’Hellas di Perotti. Il Chievo ai suoi occhi è presto fatto. «Semplicemente sa stare in campo. Il problema era forse assorbire la delusione della semifinale con lo Spezia, ma mi pare proprio che il problema sia stato superato». «La rosa è ottima», passa e chiude Baroni, «per di più aver potuto proseguire su un percorso già disegnato da Aglietti è stato un ulteriore vantaggio. Più pronto il Chievo rispetto a chi ha cambiato in estate. Con tutte le carte in regola quindi per andare fino in fondo». ZOCCOLO DURO. Longo, al Chievo ai tempi della prima Serie A con Delneri, ottenne la promozione nel 2018 col Frosinone dopo i playoff, aggiungendosi ad Empoli e Parma. Da buon allenatore delle giovanili del Toro il suo scenario è parecchio ampio. «L’annata post retrocessione è sempre la più difficile, fra scontenti che vogliono restare in Serie A e la necessità per forza di cose di dover quasi ricominciare daccapo. Di esempi ce ne sono un’infinità, basti pensare all’ultimo Crotone», le fondamenta di Longo, l’ultima volta in panchina nel suo caro Torino, sostituto di Walter Mazzarri. «Conosco il DNA del Chievo, è un marchio vincente come dimostra la sua storia recente. Col suo senso di appartenenza, il lavoro di qualità, l’abnegazione, il sacrificio costante. Oggi il Chievo», l’istantanea di Longo, «è una bella miscela di giovani ed elementi esperti in cui ognuno è nella posizione giusta. In più ci sono tanti giocatori assai versatili. Prendete Garritano. All’Inter è nato esterno, poi ha fatto un percorso diverso e adesso s’è incasellato perfettamente sulla sinistra. Il Chievo sembra un mosaico fatto apposta per farci stare insieme tutti i migliori interpreti e farli rendere al massimo. Non è tutto così facile però, la B è sinonimo di sofferenza. Devi andare in campo sempre con la stessa mentalità. Contro la prima e contro l’ultima. La forbice è molto più ridotta della Serie A, spaccata in due tronconi. Adesso il Chievo deve soprattutto assicurarsi continuità di rendimento per fare il salto di categoria». •

Alessandro De Pietro

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