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«Il Chievo ha un’anima rock Sogno di suonare in Arena»

Michael Fabbro in azione con la maglia del Chievo FOTOEXPRESSUn giovane Michael Fabbro e Pippo Inzaghi FACEBOOKJoel Obi è al rientro dopo due turni di stop FOTOEXPRESS
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Fabbro nel destino. Le mani da pianista, i piedi da calciatore. E il Chievo come terra di passaggio. Michael Fabbro è nuovo attaccante di Alfredo Aglietti. Nelle girandole del fato si trova addosso una maglia che può diventare pesante per il futuro. E Michael (24 anni, origini friulane, trascorsi a Pisa, Siena, Bassano e giovanili del Milan) ha tante storie da raccontare. A partire dall’amore, nato per caso, per il pianoforte. Fabbro, certe passioni nascono per gioco «Quattro anni fa, ero a Bassano, il mio compagno di squadra Marcello Falzerano mi ha regalato una pianola. Ero portato. Ma non sapevo ancora che stava iniziando un viaggio tutto nuovo». Come è iniziato? «Suonando “Fra Martino“, prendendo un paio di lezioni di piano. Ma poi ho deciso di testa mia. E ho iniziato a seguire tutorial su Youtube. E ho scoperto Ludovico Einaudi». Pianista e compositore apprezzato. Proprio come ...lei? «Il mio pianoforte è solitudine. Il mio pianforte è viaggio notturno. Amo da impazzire toccare i tasti quando arriva la notte e tutto attorno cala il silenzio. Mette le cuffie e viaggio». E il viaggio dove la porta? «Ovunque. Senza limiti di spazio e di tempo. Torno bambino, torno a scuola, torno a casa dalla famiglia, rivivo il mio primo grande amore. Posso fare tutto quello che voglio». Sogna? «Certo, sogno. E sogno un giorno di suonare il mio pianoforte nella perfetta “solitudine“ dell’Arena. Io da solo. E sotto diecimila persone in silenzio ad accompagnarmi». Cosa ascolta per caricarsi? «L’ho detto, Einaudi. Apre le porte sul mio mondo. Ascolto “Divenire“ per caricarmi prima di una partita. Ascolto “Nuvole bianche“ se voglio mettermi a viaggiare con la mente». Ha già un titolo per una melodia inedita da regalare al Chievo? «Ci ragiono: partiamo dal basso, sappiamo lottare, abbiamo fame, niente ci fa paura. Il titolo perfetto potrebbe essere. Sacrificio». Che canzone è il Chievo? «Oggi? Rock, molto rock. Direi “Thunderstruck“ degli Ac/Dc». Perchè? «Siamo pieni di energia. Siamo tosti, siamo da ritmi alti. Siamo belli ma anche sporchi e cattivi. Siamo quello che vogliamo. E sappiamo anche caricarci al momento giusto». Curiosità: lei porta con sé due soprannomi: il Ken italiano e la Bambola assassina. Il significato? «Ken è riferito al compagno di Barbie. Sono biondo, occhi azzurri. Un ragazzo dalla faccia pulita. Facevo invidia (ride) al mio compagno al Pisa Marconi, che è senza capelli. Ma adesso mi sono deciso a far crescere la barba. In quanto a “bambola assassina“, proprio non saprei». Nella sua carriera ha un ruolo centrale Pippo Inzaghi «Sono sempre stato suo fan. Avevo il poster appeso in camera. Poi ho avuto la fortuna di averlo come allenatore due anni nelle giovanili del Milan. La più grande soddisfazione? Mi ha detto che, per quello che facevo in campo, si rivedeva in me». Restare al Chievo non era scontato. Perchè è rimasto? «Il mercato a volte racconta tante storie. La verità di quest’anno è che ho avuto l’opportunità di dimostrare quello che posso dare al Chievo. Felice di essere qui». Tra quelli che non ci sono più, con chi vorrebbe parlare? «Micheal Jackson, un genio». Scatto il lockdown di un mese. Scelga tre persone con le quali condividere la convivenza «Papà Marino, mamma Giovanna e nonna Mirella. Le persone più care che mi sono rimaste al mondo». •

Simone Antolini

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