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«Il Chievo ha anima grande La A passa da una... visione»

Mario Beretta, tecnico del Chievo nel 2004-2005
Mario Beretta, tecnico del Chievo nel 2004-2005
Mario Beretta, tecnico del Chievo nel 2004-2005
Mario Beretta, tecnico del Chievo nel 2004-2005

Cavallo Pazzo gli ha riempito la vita. «Ho visitato il Nord Dakota, le Black Hills, la sua terra». Mario Beretta ama da sempre il leggendario capo indiano dei Sioux. «Rappresenta la visione della vita. Ha imparato a camminare in “direzione ostinata e contraria“ proprio come ci ha insegnato Fabrizio De Andrè». L’ex allenatore del Chievo (stagione 2004-2005, chiusa con esonero a tre turni dalla fine ndr) vive ancora di vibrazioni intime. E parla fluido, da doppio ex, della sfida che attende venerdì al Bentegodi il Chievo contro il Lecce. Beretta, la sua sfumatura di Chievo? «La mia stagione? Poteva finire diversamente. Visto anche poi il terremoto che ha aperto la terra sul mondo del calcio. Ma mi tengo il dolce ricordo del mio debutto in serie A. Quello conta». Il Chievo oggi? «Non è più in divenire. Aglietti ha contribuito a dare stabilità ad una realtà tra le più interessanti della serie B. Possono lottare per il ritorno immediato in A. In mezzo a tutto, però, ci sta l’incertezza di un campionato di per sé spiazzante. Pronto a regalare sorprese in ogni momento». Il Lecce? «Altra bella realtà. Ma in divenire. Corini ha bisogno di lavorarci su. Ma i primi risultati sono stati più che incoraggianti. Chievo e Lecce hanno però già un’anima». Aglietti, in carriera, ha raccolto meno di quanto meritasse? «I numeri dicono che Aglietti a Verona è stato straordinario. Estendo il pensiero alla sua prima avventura all’Hellas. Arrivato alla fine, ha regalato un nuovo inizio. Ed una promozione tutt’altro che scontata. E al Chievo si è ripetuto. Fermando la sua corsa per la A solo di fronte allo Spezia. Che ha vinto e che oggi si conferma splendida neopromossa tra le grandi». Cosa le piace del Chievo? «La qualità del gioco, la capacità di riempire la metà campo avversaria, la continuità di rendimento che produce risultati». Corini, invece, è la storia del Chievo che passa «Corini ha fatto un grande lavoro a Brescia. Casa sua, un presidente non facile, una situazione non semplice. Non deve dimostrare ma solo avere tempo e spazio. Il suo Lecce ha fisionomia affascinante, propone un calcio che a me piace. E c’è pure da divertirsi». Giaccherini, Fabbro, Garritano. Quante anime ha il Chievo? «Una sola. Perchè tutti insieme fanno uno. E la forza sta tutta lì. Diversi ma funzionali per quello che poi è l’obiettivo di tutti. Anche il Lecce ha un’anima grande». La lotta per la A chi mette in gara? «Lecce e Chievo le ho già messe dentro. Poi ci sono tutte le altre: Venezia, Salernitana, Empoli. E poi arriverà anche qualche sorpresa». C’è del nuovo? «Alessio Dionisi. Allenatore interessante, che seguo dai tempi di Venezia. Propone, attacca, viene a prenderti. Usa il rischio come elemento di continuo confronto. Non teme gli uno contro uno in tutte le zone del campo. Il suo è un rischio calcolato. E ad Empoli possono divertirsi. Senza identità sei destinato a non lasciare il segno. Credo Dionisi lo abbia capito bene». Un giocatore sul quale scommettere da pescare tra i cadetti? «Mattia Aramu, attaccante del Venezia. Moderno. In tutte le sue accezioni. Con margini interessanti». E Cavallo Pazzo? «Mi accompagna ancora. Abbiamo tutti bisogno di visioni. Dobbiamo cercare i posti giusti dove andare a trovarle. Chi lotta per qualcosa di grande merita un grande rispetto. Vale nella vita e nel calcio». •

Simone Antolini

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