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Fosforo, rabbia, istinto Palmiero, che duello col grande ex Rigoni

Palmiero in azione a Monza nel match del quinto turno FOTOEXPRESSAglietti col vice Cesar
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Palmiero in azione a Monza nel match del quinto turno FOTOEXPRESSAglietti col vice Cesar

La sintesi di Chievo e Vicenza. L’ordine di Luca Palmiero, la foga di Luca Rigoni. Un regista e un faticatore della mediana. Il gusto della manovra desiderato da Aglietti, la lotta in ogni angolo sempre amata da Di Carlo. Insieme starebbero benissimo ma sabato proprio non si potrà. Il derby è in due facce. In due storie. Nei piedi educati di uno e nella rabbia agonistica dell’altro. Senza mai scendere a compromessi. Vite lontane. Quando Palmiero era il capitano di una modesta Primavera del Napoli, sconfitto ai rigori dal Verona di Gollini e Fares al Viareggio del 2015, Rigoni spadroneggiava al Palermo in Serie A. Timbrando il suo strepitoso cammino con nove gol, il primo proprio al Chievo che aveva lasciato dopo 180 partite e sei anni e mezzo di superba militanza. Quando capì che era giunto il momento di cambiare, quando il Palermo ma anche il Genoa continuavano a bussare alle porte di Veronello. Quando Palmiero guardava da mattina a sera verso Jorginho, direttore d’orchestra del Napoli di Rafa Benitez e di bomber Higuain. L’ULTIMA FERMATA. Rigoni doveva prima o poi ricongiungersi a Di Carlo, il primo a lanciarlo in Serie A quando credeva che il suo grande protettore sarebbe stato invece Iachini, che lo lanciò ragazzino a Vicenza ma che lo mise da parte in quei mesi pieni di tormenti del 2008, quando Campedelli decise di cambiare il padrone in panchina. Fu la svolta della carriera di Rigoni, da allora in avanti un treno merci che tirava dritto come pochi. Perfetto per quel Chievo soprattutto guerriero che raggiunse la miracolosa salvezza. Rigoni aveva appena 24 anni, fra tre settimane ne avrà 36 tondi tondi. Capito che la Serie A si stava trasformando ormai in un terreno sempre più accidentato, una volta resosi conto di non aver più gli strappi feroci di un tempo Rigoni se n’è tornato nella sua Vicenza. Dal suo Di Carlo, nella società dov’è cresciuto e nella terra dov’è nato. Maluccio in C1, ma vincendo il campionato, di tutt’altro tenore in B dove s’è preso in fretta un posto nel cuore della trincea. Diventandone in fretta una delle grandi anime, lontanissimo da quegli esordi del 2002 sempre in cadetteria. Ragazzino nel Vicenza di Marcolini che avrebbe ritrovato al Chievo ma anche di Schwoch e Margiotta, di Bernardini e Cristallini. Quando Palmiero era in prima elementare. LA VIA DEL TALENTO. Al Napoli c’è entrato a dodici anni Palmiero, dopo i primi calci al Marano vicino alla sua Mugnano. Alle porte di Napoli, terra natia anche di Migliaccio, Schiattarella e Palladino tutti attori consumati della Serie A. Fin dal principio sulla buona strada, anche nazionale azzurro nelle giovanili nella covata dei vari Audero, Calabria, Di Marco, Scuffet e Fabbro ritrovato al Chievo. Promosso persino da Ancelotti che lo volle in ritiro coi grandi del Napoli. La sua visione di calcio è una delle primissime chiavi dell’annata del Chievo, compito che Aglietti gli ha dato sicuro che ne avrebbe ricavato le risposte che ha ricevuto puntualmente finora. Una meglio dell’altra. Ragione più che istinto nel suo bagaglio, sempre coi tempi giusti. Se il Chievo ha imparato quando c’è da accelerare e quando invece rallentare il merito è in gran parte suo. Grande dote sulla via della complessiva maturità di squadra, condizione necessaria per il salto di qualità. Ormai vicinissimo. FUORI I SECONDI. Non sta sbagliando un colpo neanche Rigoni. Meglio nella cadetteria che nel mare spesso senza troppi paletti della Lega Pro. Quel di cui aveva bisogno Di Carlo, il più attento quest’estate nel raffreddare l’umore della piazza tornata in B dopo quattro interminabili anni. A tenere tutti coi piedi a terra, anche affidandosi al suo vecchio califfo. Doveva tornare Rigoni. Se non altro per restituire al Vicenza, alla fine della corsa, parte di quel che ha ricevuto fin da ragazzino partendo ogni giorno da Cogolo del Cengio, terra di agricoltori e di pazienti artigiani dove ha imparato il valore del sacrificio e delle piccole conquiste. L’orgoglio qualche mese fa gli ha ricordato in fretta che doveva cambiar registro, che non poteva più essere quello esitante dello scorso anno. Dalla A del Parma alla C1 di casa sua ma senza mai lasciare davvero il segno. Rigoni non ha perso un istante, s’è rimesso in moto, ha ricominciato a marciare come sempre. Spinto dall’inerzia più che da gambe che non possono più avere la potenza di una volta. La risposta è stata immediata, lo scatto portentoso, la dose di energia consegnata alla mediana notevolissima. Sabato con una molla in più, perché Chievo e Vicenza custodiscono 325 partite delle 480 di Rigoni fra i professionisti. Per Palmiero l’esame più duro. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Alessandro De Pietro

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