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Fosforo, equilibrio, mestiere Obi-Iori è il duello del cuore

Alfredo Aglietti detta indicazioni dalla sua panchina FOTOEXPRESS
Alfredo Aglietti detta indicazioni dalla sua panchina FOTOEXPRESS
Alfredo Aglietti detta indicazioni dalla sua panchina FOTOEXPRESS
Alfredo Aglietti detta indicazioni dalla sua panchina FOTOEXPRESS

La chiave sarà lì, nel cuore del campo. Partita intensa, tattica, ruvida. A muovere i fili soprattutto loro due, piuttosto in fretta anche. Nessuno può perder tempo. Di sicuro il Cittadella, ma nemmeno il Chievo. Coi playoff non ancora legge, con punti da conquistare. Le prime mosse sono scritte. Obi ad alzare i giri, Iori a dettare i suoi tempi. A 39 anni col manuale del perfetto regista ormai imparato a memoria, dopo averne scritto peraltro anche parecchi capitoli. Sull’arte del temporeggiare, del verticalizzare, della comprensione del gioco, delle letture un attimo prima degli altri, testa sempre alta e piedi eternamente morbidi. LA COPPIA IMPOSSIBILE. Obi e Iori sarebbero stati una bella coppia. Troppo distanti però per potersi unire. La Serie A non l’aveva ancora vista il diciottenne Obi, nella Primavera dell’Inter del Triplete di Mourinho quando Iori coronò il suo sogno proprio al Chievo, nel 2009, guardando negli occhi nei grandi stadi via via Pirlo, Seedorf, Ronaldinho, Sanchez, Cassano, Cavani, Pastore, Totti, De Rossi, Pizarro e Perrotta lungo diciassette gettoni con Mimmo Di Carlo vicino ai vari Marcolini, Pinzi, Luciano e Bentivoglio. E quando Obi si guadagnò la prima sul grande palcoscenico interista, in Champions League col Werder Brema vicino a Eto’o, Stankovic e Cambiasso, per Iori quella era la settimana che avrebbe portato il suo Livorno a vincere comodamente a casa dell’Ascoli nella Serie B tornata ad essere la sua dimora. Come oggi e chissà per quanto ancora. VITE PARALLELE. Ha perso tanto tempo Obi, tradito spesso dai suoi muscoli, ma sta recuperando velocemente. Perfetto anche col Pisa, novanta minuti filati com’era stato l’ultima volta col Pordenone quasi un mese e mezzo fa, solito compromesso obbligato in una gestione in cui gli eccessi sono vietati. Un percorso che alla fine ha dato ragione al Chievo, perché Obi la scorsa stagione ha totalizzato ventisei presenze e quest’anno è a ventiquattro quando al termine mancano ancora sei partite più la parentesi dei playoff. Quasi sicuro quindi di superare le ventisette di nove campionati fa, anche se undici sole da titolare, nell’Inter di Gasperini, Ranieri e Stramaccioni. In mezzo tante frenate e problematiche ripartenze. Ora pronto a viaggiare al massimo della velocità. VIGORE E VARIANTI. Cruciale domani il peso di Obi sulla contesa del Tombolato, nel bel mezzo di una battaglia che il Cittadella tenderà ad inasprire col suo calcio vigoroso e pieno di varianti pur senza l’abituale contributo delle sue punte. Ancora troppo timide per incidere davvero, mai davvero un fattore finora, sottrazioni che molto hanno tolto al Cittadella. La traccia è scritta, anche se Venturato per comandare la manovra dovesse scegliere Pavan, pescato dalla Lega Pro del Renate, veneto di Thiene passato da Trissino e Real Vicenza. Uno dei tanti volti semisconosciuti specchio del lavoro efficacissimo di Stefano Marchetti e di una società brava come poche altre a ricavare il massimo da tutti. Il testimone lui avrebbe dovuto già raccoglierlo del tutto, ma fra una questione e l’altra alla fine è rimasto in piedi più Iori. Dura spodestarlo. Con idee sempre brillanti e geometrie pulite. Starà ad Obi sporcarle il giusto e ribaltare il fronte. Come vorrà Aglietti, non solo facendo partire i suoi esterni. RETTILINEO FINALE. Tutti e due potrebbero essere alle ultime recite. Il tempo sta scadendo per entrambi, ma in modi diversi. Obi è a fine contratto, in scadenza a fine giugno con la società di via Galvani, pronto a prendere in considerazione offerte da tutta Europa. Ci sarà anche quella del Chievo, ma in mezzo a molte altre. E difficilmente sarà la più alta, anche se nel prossimo mercato nessuno navigherà nell’oro e Veronello resta pur sempre porto parecchio sicuro. Iori ha sempre ragionato diversamente. Da qualche anno a questa parte, quando arriva primavera, comincia a riflettere. A guardarsi allo specchio e ad interrogarsi se è il caso di smettere o se val la pena continuare. ETERNA FEDELTÀ. Iori dopo l’ultima partita si prende sempre quattro o cinque giorni di pausa. Si isola, ragiona, mette sulla bilancia pro e contro, col telefonino silenzioso e nessuna intromissione. Poi si presenta in sede e firma praticamente in bianco, visto che da Cittadella uno così non se ne andrà mai. Magari cambiando mestiere, ma non società. I libri per diventare allenatore li ha già tutti sul tavolo, insieme agli insegnamenti dei vari Novellino, Ventura, Pillon, Bisoli, Colomba, Di Carlo e soprattutto Venturato. Domani per lui sarà la presenza numero 330 col Cittadella. Ancora un osso duro per tutti. Anche per Obi. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Alessandro De Pietro

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