<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">

Finali fatali

La notte, già fredda, all’improvviso si fa anche scura scura. E il Chievo si trova nuovamente costretto a maledire la zona Cesarini. Quella che venti giorni fa si era trasformata in zona Musiolik e ieri ha premiato l’ultima incursione di Filippo Falco. Killer dei gialloblù, eroe del Lecce corsaro al Bentegodi. Finisce male, anzi malissimo, il big match tra quelli della Diga - ieri in versione forzatamente riveduta e corretta - e i salentini, arrivati alla quarta vittoria di fila e per almeno una notte padroni del campionato. Con merito, peraltro, visto che l’orchestra di Corini ha ribadito nell’occasione di possedere indiscutibili qualità tecniche, supportate da invidiabile condizione fisica e da una feroce convinzione. Senza contare l’incredibile serbatoio cui attingere tra titolari e (presunte) riserve. Il Chievo, in realtà ha fatto il suo. Mordendo la serata con i soliti guizzi di Garritano, Fabbro e - in parte - Canotto. Lasciandosi ispirare dalla regia di Palmiero e dalla lucida foga di Obi. Affidandosi alla riconosciuta solidità della sua coppia di difensori centrali e pure a un paio di interventi di livello di Seculin. È mancato - nettamente - Djordjevic. Apparso a più riprese corpo estraneo alla squadra. E sono mancati soprattutto Semper, Renzetti, Ciciretti, Giaccherini, De Luca... Fuori - qualcuno a sorpresa - dalla lista dei convocati. E in certi casi vittime (così almeno pare...) di qualche fastidioso strascico da Covid. Non è mancato però il gioco, non è mancata la capacità di accorciare le linee. Né quella di credere nella vittoria dopo il primo vantaggio del Lecce - immediatamente neutralizzato da Garritano - e soprattutto nella fase centrale del secondo tempo. Quella in cui i gialloblù hanno esercitato la maggior pressione offensiva e costruito diverse, interessanti premesse per completare la rimonta. Al dunque, tuttavia, la sorte ha voltato le spalle per schierarsi col nemico. Premiando due ex di lusso come Corini e come bomber Stepinski - in rete contro la sua vecchia squadra alla prima esibizione da avversario - nel momento in cui le energie della banda Aglietti stavano calando. Il tecnico attorno al 90’ ha cercato sì di dare più sostanza al reparto arretrato inserendo un terzo centrale (Rigione) e affidando il controgioco al solo Margiotta. Un modo anche condivisibile per riconoscere di avere spremuto il massimo e di potersi accontentare del punto contro la corazzata ospite. Corini, dal canto suo, non si è lasciato condizionare dai sentimenti: fuori i cecchini scelti Stepinski, Mancosu e Coda per dare campo, tra gli altri, a Pettinari e Falco. Seconde scelte, come premesso, solo in teoria. Tanto che sono stati proprio loro a produrre l’amarissima sentenza. Da digerire adesso, malgrado tutto, nella maniera più rapida possibile. •

Francesco Arioli

Suggerimenti