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È un Chievo da corsa. Solo Delneri e Iachini meglio di Aglietti

Alfredo Aglietti FOTOEXPRESS
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Alle spalle solo di Iachini e Del Neri. Del Chievo alla fine sempre promosso. Di squadroni ora nella storia. Aglietti corre veloce, terzo di sempre alla fine dell’andata. Alle spalle di due giganti. Del capolavoro del 2001 e della macchina da guerra del 2008 capace di rialzarsi subito dopo la retrocessione dell’anno prima. Meglio questo Chievo pure di quello del ’97, sesto con Malesani ma nono a metà del cammino. Quello di Cerbone e del giovane Fiore, di un calcio avanti nel tempo. Sta al passo Aglietti, seppur a distanza e in un confronto improponibile per i valori delle rose. Soprattutto quella di Iachini, imbottita di campioni veri per la cadetteria fra Marcolini, Pellissier, Mandelli, Bentivoglio, Luciano, Moro, Obinna, Italiano, Bogdani e compagnia. Costruita per risalire, con tanti pezzi pregiati che avevano appena perduto la Serie A in quel pomeriggio nero di Bologna all’ultima giornata col Catania convinti in fretta a rimanere pur di riprendersi rapidamente il maltolto. Un computer quel Chievo, a viaggiare ad oltre due punti di media ogni 90’. Vincendo 24 volte in trentotto giornate, alla media di due a partita. Un magnifico laboratorio invece quello di Delneri. Con tanti giovani d’alta qualità e grandi leader, mix perfetto fra i vari Corini, Corradi, D’Angelo, Barone, Marcon, Lanna, Federico Cossato e Franceschini. Altra macchina impeccabile, anche innovativa, capace l’anno dopo in Serie A di arrivare ad un punto dai 55 del Milan di Ancelotti quarta qualificata per la Champions. Irripetibile. Prima sorpresa, poi Favola. Partendo rigorosamente dal basso. CRESCITA PERENNE. Tanti Chievo sulla scena. Alcuni quasi perfetti, altri con ovvi limiti quando si era appena sbarcati in B, altri ancora in ristrutturazione. Tutti però con un unico comun denominatore: la crescita fra andata e ritorno. Il lavoro a dare i suoi frutti, Veronello sempre un laboratorio a cielo aperto, gli allenatori a seminare principi e a disegnare grandi castelli. Puntualmente. Accadde sempre con Malesani, dalla prima stagione a quella dei rimpianti anche se davanti all’ultimo suo Chievo si piazzarono il Brescia di Reja, l’Empoli di Spalletti, il Lecce di Ventura, il Bari di Fascetti, il Genoa di Perotti ed il Pescara di Delio Rossi. Grandi piazze, già con radici in Serie A. Sempre un passo in avanti il Chievo, anche quello del debutto nella cadetteria figlio dell’annata straordinaria di C1. Mai davvero in serio pericolo, tenuto spesso a galla dalla ferrea organizzazione e aggiunte in corsa. Vedi quella di novembre di Zironelli, appena lasciato libero dalla Fiorentina. Un passo in avanti dopo l’altro. Anche con Baldini, quando Malesani andò ad allenare Batistuta e Rui Costa alla Fiorentina. Quello di D’Anna, D’Angelo e dei 12 gol di Cerbone, a metà classifica con nove punti dal Foggia quartultimo con Flavio Roma in porta e i 16 centri di Chianese e 12 meno del Perugia quarto ed ultimo a prendersi la Serie A alle spalle di Salernitana, Venezia e Cagliari. In costante ascesa quello successivo con Miani e Balestro nella seconda parte di stagione del 1999 dopo l’avvio negativo con Mimmo Caso, rimasti anche l’anno successivo in una stagione interpretata comunque in altalena. MARGINI NASCOSTI. Gli altri sono fuori concorso, semplicemente perché prodotti finiti fin dall’avvio. Destinati a raccogliere il massimo, scritti a tavolino e trasferiti scientificamente sul campo. Più vicino alla versione di Delneri quello di Aglietti, forte e più consapevole col passare del tempo. Alla fine dei conti promosso col Venezia di Prandelli, il Torino di Ferrante e Schwoch, il Piacenza di Novellino e dei 23 gol di Caccia viaggiando ad un ritmo altissimo. Decisamente più basso quello del Crotone l’anno scorso in A da secondo ad una media di 1,78 punti di media lasciandosi dietro lo Spezia che chiuse terzo salendo poi ai playoff con 1,60 nella stagione regolare. Al di là del Benevento che viaggiò per conto suo. Il Chievo di oggi è davanti a quello Spezia, ma è tutto il campionato che ha un’altra marcia. L’anno scorso 32 punti, quanti ne ha adesso Aglietti, avrebbero garantito il terzo posto con cinque di vantaggio dall’ottava e a due dal Pordenone secondo. Distanze molto simili a quelle di oggi, ma con cinque squadre davanti fra cui tre giganti riconosciuti come Empoli, Monza e Spal. Un’impresa arrampicarsi ancor più in alto, a meno che dal cilindro di Aglietti non spunti qualcos’altro. O a Veronello, lunedì sera, arrivi un attaccante coi fiocchi. •

Alessandro De Pietro

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