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Chievo: zero gol, zero punti. Fuori cattiveria e fantasia

Manuel De Luca è rimasto a secco anche nel match di  Cosenza
Manuel De Luca è rimasto a secco anche nel match di Cosenza
Manuel De Luca è rimasto a secco anche nel match di  Cosenza
Manuel De Luca è rimasto a secco anche nel match di Cosenza

Tre partite senza gol. E senza punti. Vecchi fantasmi a riaffiorare, lo scarso feeling con la porta avversaria di nuovo d’attualità, l’ottavo posto e quindi l’ultimo per i playoff più vicino del secondo che vale la Serie A. Il Chievo è fermo al lampo di Obi all’ultimo istante con la Reggiana di venti giorni fa quando già allora non tutto era filato così liscio. Dopo 13 risultati utili la frenata. Improvvisa. Brusca. Dolorosa. A ridar slancio a chi non vinceva da sei giornate (Brescia) e chi nelle prime dodici in casa (Cosenza) non aveva mai vinto. Brutti clienti, ma non certo i peggiori. Sufficienti però a corrodere vecchie sicurezze. Una su tutte: quando il fraseggio non è al top nessuno è in grado di nascondere certi limiti. E andare a cento all’ora per dieci mesi proprio non si può. FATTI E INTENZIONI. In fondo non va dimenticata una delle voci che più di ogni altra fotografa il Chievo, il cui rapporto fra occasioni create e gol realizzati resta uno dei più bassi della Serie B. Fatica sprecata, tante volte. E così è stato pure a Cosenza, al di là di un approccio alla gara non certo come l’aveva immaginato Aglietti. Diciannove tiri sono parecchi, così come gli otto nello specchio. Senza lo straccio di un gol però, lacuna che gira e rigira è la chiave di tutta la stagione e la linea di demarcazione fra le intenzioni e la dura realtà. Minimizzato quel dato, addolcito dall’esplosione di De Luca a cavallo proprio con la conclusione del mercato. Tre centri di fila fra Cittadella, Pescara e Salernitana, sette punti in tasca, la sensazione di aver trovato la pedina giusta in casa. Prospetto perfetto coi suoi 22 anni De Luca, giocatore di proprietà, pieno di risorse al di là della finalizzazione, margini a non finire. Il resto l’aveva fatto Margiotta e prima ancora Garritano, gol sparsi qua e là ad allungare la coperta e a specchiarsi nel gioco totale dove tutti hanno pari diritti e identico coinvolgimento. Affascinante, ma non abbastanza per mascherare fino in fondo certe falle. Soprattutto davanti. Per la sesta volta il Chievo non ha segnato in campionato. La prima a Pescara, la seconda a Ferrara con la Spal, la terza ad Ascoli. Più le ultime tre, due delle quali sono la quartultima e la quintultima. AREA DA AFFOLLARE. Necessario a questo punto chiedere soccorso ai trequartisti, augurarsi che Garritano torni in fretta quello che fra fine luglio e i primi di novembre di gol ne ha infilati sette uno più importante dell’altro e che pure Ciciretti aumenti la velocità di crociera. Fermo all’acuto di Pisa e alla magia con l’Entella, a qualche impennata delle sue ma anche a qualche silenzio di troppo per chi come lui in B deve provare ad incidere ad ogni pallone. Indispensabile rivedere a getto continuo le accelerazioni di Canotto intraviste a Cosenza, la mano esperta di Di Gaudio nei momenti caldi della contesa, i colpi di Giaccherini a Cremona e a Vicenza quando Aglietti ha iniziato ad attuare il piano del 4-2-3-1 poi messo da parte e ripreso qualche altra volta. Il Chievo ha assoluto bisogno dei suoi solisti, meglio se assecondati dall’intero coro. Pordenone e Vicenza sono ormai dietro l’angolo. Di tempo da perdere non ce n’è più. Specie dopo Cosenza, dove anche un pari sarebbe stato bottino parecchio magro. COERENZA IN PRIMIS. La ricetta però può ancora funzionare. Aglietti ha modellato il Chievo in base agli ingredienti che un po’ ha trovato sulla tavola e un po’ ha voluto. L’impasto fa ad oggi il decimo attacco del campionato e la seconda miglior difesa alle spalle del Monza, canale quasi obbligato per estrarre il massimo dall’organico a disposizione. Partendo dalla coralità della manovra e smussando vari angoli, creando un blocco solido finché si vuole ma che non può inoltrarsi anche nell’area di rigore avversaria dove la differenza la fa inevitabilmente la giocata del singolo. Difetto evidente anche ad occhio nudo soprattutto al momento di riprendere la partita, quel guizzo d’orgoglio che aveva reso il Chievo ancor più sicuro dopo le rimonte con Monza, Pisa, Vicenza, Venezia e Salernitana. Quel fuoco sacro che ha anche coperto tante gare gettate al vento. Soprattutto all’andata col Pordenone ma soprattutto col Frosinone dopo essere stato avanti di due gol. Da ritrovare al più presto, insieme alle solite care coordinate che hanno reso il Chievo una delle squadre più interessanti della B, il gusto del gioco e il senso del collettivo. Altre strade non ce ne sono. •

Alessandro De Pietro

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