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L'analisi

Chievo, un patrimonio costruito in trent'anni cancellato in un soffio. Resta la speranza di una rinascita

Marazzina in gol nella storica vittoria a San Siro del 2001
Marazzina in gol nella storica vittoria a San Siro del 2001
Marazzina in gol nella storica vittoria a San Siro del 2001
Marazzina in gol nella storica vittoria a San Siro del 2001

Come un gorgo dall’inesorabile moto verticale, un’ombra scura che sempre più rapidamente cancella anche i più esili, evanescenti segnali di luce, una tempesta di verdetti negativi che pare aver cancellato tutto quanto in poche settimane di inutile, coraggiosa battaglia. Il Chievo ci ha provato. Ha provato a sopravvivere ai debiti, alle frustranti pressioni di un bilancio sempre meno florido, alla severissima marcatura degli organi di giustizia - sportiva e ordinaria - e ai cazzotti di un destino che, giorno dopo giorno, ha presto iniziato ad assumere i contorni di un incubo senza risveglio, di un rebus senza soluzioni. A questo punto, probabilmente, diventa démodé persino indagare le ragioni dei ripetuti «no» così come andare a cercare ancora di scovare i motivi di un «sì» che non è mai arrivato. Magari un giorno si scoprirà che Figc, Coni, i giudici del Tar e del Consiglio di Stato avevano avuto poco rispetto per la storia della società e utilizzato un metro di valutazione troppo severo. Magari qualcuno dimostrerà che in altri tempi, in altre situazioni e con altre squadre, i criteri sanzionatori erano stati più morbidi. Magari.

 

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Oggi resta l’immensa pena per la disavventura di una realtà che ha davvero incantato per quasi trent’anni dimostrando al mondo del calcio, come probabilmente mai era stato fatto prima, che Davide non solo può ancora permettersi di mettere le mani in faccia a Golia ma che gliele può pure tenere per un bel po’ di tempo.

Trasformando una dimensione pur solidamente dilettantistica in un meraviglioso fenomeno internazionale. Insegnando calcio non solo sul prato ma anche dietro le scrivanie, regalando clamorose scariche elettriche su campi che neppure i più spudorati ottimisti, fino ai primissimi anni ’90, avrebbero pensato di potersi godere. E allora - in un concentrato di irrefrenabile malinconia - ecco scorrere in successione accelerata le istantanee dello storico successo nella San Siro nerazzurra ma anche quelli sfiorati (impediti?) della San Siro rossonera o della Torino bianconera. E, insomma, le gesta degli impareggiabili, sfrontati ragazzi di Gigi Delneri qualche anno dopo il primo prodigio targato Malesani. E la conquista dell’Europa targata Pillon. E ancora il pragmatismo di Mimmo Di Carlo, l’equilibrio di Stefano Pioli, il senso di appartenenza di Rolly Maran, l’ultima salvezza centrata tra i grandi da Lorenzo D’Anna. Maran e D’Anna, simboli attraverso le epoche proprio come lo era stato Giovanni Sartori nel ruolo di uomo-società o come lo sarebbe diventato Sergio Pellissier, capitano e soprattutto trascinatore, probabilmente più di tutti gli altri. Qualche nome, tanto per giustificare le lacrime odierne.

 

Luca Campedelli, presidente del Chievo, con il team manager gialloblù Marco Pacione
Luca Campedelli, presidente del Chievo, con il team manager gialloblù Marco Pacione

 

Senza trascurare, ovvio, il profilo di Luca Campedelli, minimo comun denominatore del prodigio sportivo e ora - inevitabilmente - imputato numero uno del tracollo. Lui, inguaribilmente innamorato dei destini della sua creatura, che negli anni è diventata molto più di un prezioso patrimonio di famiglia, al di là dei legami del club con papà Luigi. Difficile immaginare cosa ne sarà di quel che resta del Chievo da oggi in poi. Scontato manifestare la massima solidarietà ai dipendenti di via Galvani e di Veronello, che sono purtroppo affondati col Titanic senza poter trovare la minima via di fuga. Ma necessario anche trovare una ragione di vita futura.

Lo si deve ai tifosi, al loro eccezionale patrimonio di affetto e di amor proprio, alla città di Verona, alla stessa storia del pallone italiano e non solo. D’ora in poi, chiunque intenda farsi carico del domani, il primo pensiero dovrà essere quello della rinascita, della ricostruzione, della ripartenza. Oltre i cumuli neri addensatisi negli ultimi anni, oltre le sconfitte e le disillusioni, al di là dello sconforto e del dolore. Oltre il buio pesto anche il mondo Chievo ha diritto di scorgere, finalmente, un bagliore.

 

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Francesco Arioli

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