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Chievo sulle montagne russe E i conti non tornano più

L’amarezza di Aglietti all’uscita dal campo di Frosinone FOTOEXPRESS
L’amarezza di Aglietti all’uscita dal campo di Frosinone FOTOEXPRESS
L’amarezza di Aglietti all’uscita dal campo di Frosinone FOTOEXPRESS
L’amarezza di Aglietti all’uscita dal campo di Frosinone FOTOEXPRESS

I primi due turni di studio, poi l’impennata autoritaria e, da qualche giornata a questa parte, la frenata traumatica. Una sintesi in tre passaggi tanto per avere la conferma che - per passare dalle posizioni di assoluto privilegio all’anonimato - bastano appena due, tre tappe. Un classico per la Serie B ma non solo per quella. Un’amara constatazione per il Chievo che in qualche settimana, dopo la legittima esaltazione dettata dalle quattro vittorie consecutive, ora si interroga soprattutto sui propri errori per scovare un’urgente via d’uscita dall’attuale impasse. Resta lo sconforto per un’altra rocambolesca sconfitta. Restano i quesiti sulla complessiva tenuta di squadra: fu vera gloria tra Reggiana e Cosenza? E come si giustifica oggi questa brutale discesa, dalle stelle allo stallo? La certezza è una: dopo l’uppercut di Frosinone certamente i conti non tornano. I CONTRO. Allo Stirpe i gialloblù hanno estremizzato tutto il meglio e il peggio dei loro conclamati standard. Quaranta minuti di calcio svelto, ispirato, aggressivo, piuttosto efficace. E il logico raccolto dei due gol di Canotto e Margiotta, frutto dell’evidente superiorità dimostrata nei confronti della squadra allenata da Nesta. Poi qualcosa è sembrato incrinarsi. I ciociari hanno preso qualche metro in più di campo, i gialloblù non sono stati capaci di leggere nella maniera puntuale l’aggravarsi del pericolo. È mancata la capacità di congelare il gioco, spegnere gli sporadici fuochi del nemico, tenere le linee un po’ più alte e il pallone più stabilmente in mezzo ai piedi. È piovuto il gol - pur discusso e discutibile - di Ciano ma probabilmente il pericolo poteva essere registrato in anticipo e tenuto più distante. Poi un paio di tentennamenti di troppo in avvio di ripresa e il 2-2 di Novakovich, a difesa schierata, l’area intasata di uomini (anche di schieramento opposto) su un calcio d’angolo. La certezza di aver bruciato già lì un patrimonio preziosissimo, la necessità di doversi rimettere la partita sulle spalle. E tanto per cambiare, tra gli aspetti irrisolti, l’ormai proverbiale incapacità di dare adeguata sostanza al gioco sviluppato e alle opportunità prodotte. Con la beffa finale del 3-2. Il saldo rimane evidentemente sempre troppo modesto. I PRO. Il Chievo ha una sua fisionomia ben chiara, al di là degli interpreti, a dispetto delle assenze, alla faccia delle difficoltà che anche sabato non mancavano, avendo di fronte una delle formazioni più attrezzate della B. Aglietti aveva chiesto ancora una volta intraprendenza e incisività e la risposta del campo c’è stata. In 40’ di partita una superiorità imbarazzante, due palloni nel sacco a fronte di un paio di (sporadici) guizzi dei rivali, l’abilità nel dare ossigeno alla manovra sugli esterni come per vie centrali. Senza contare la condizione crescente di alcuni elementi chiave. Un’ottima risposta il gruppo l’ha data anche sul 2-2, caricandosi nuovamente sulle spalle la responsabilità della sfida: quasi mezzora all’insegna dell’iniziativa totale, con i padroni di casa richiusi nella loro metà campo, e le solite chance davanti alla porta avversaria, culminate col contropiede concluso senza trovare l’attimo fuggente da Canotto, a tu per tu con Bardi. Quasi inevitabile - per le leggi non scritte del pallone - che di lì a poco arrivasse il castigo più feroce. «La squadra è mancata nei momenti topici», il commento di Aglietti nel disturbato dopopartita. Un’aggravante se si considera che in effetti è stata a lungo padrona del campo. LA RICETTA. Più che un allenatore, a questo punto, forse servirebbe un alchimista. Qualcuno in grado di armeggiare tra veleni e pozioni magiche, ai confini dell’esorcismo. A meno che Aglietti non riesca a convincere una volta per tutte il suo gruppo che giocare un calcio rapido, elegante e incisivo non basta per prendersi il dovuto. Soprattutto se l’impegno non copre tutto l’arco della gara, schiudendo crepe nei momenti più delicati. E che lavoro e applicazione su certe situazioni - sia davanti che dietro - vanno raffinati una volta di più. All’orizzonte una squadra - la Reggina - che non può vantare una classifica d’elite ma che non segnala certo sintomi di particolare arrendevolezza, reduce tra l’altro dalla bella vittoria sul Brescia. Chievo con poche alternative dunque: appeso ai confini della zona playoff, urge assolutamente il rimbalzo. •

Francesco Arioli

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