<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">

Chievo, grandi volumi e difesa impenetrabile «Aglio», che alchimia

Gigliotti,  già entrato nei meccanismi difensivi del Chievo, e Djordjevic, ancora a secco FOTOEXPRESSE Aglietti se la ride
Gigliotti, già entrato nei meccanismi difensivi del Chievo, e Djordjevic, ancora a secco FOTOEXPRESSE Aglietti se la ride
Gigliotti,  già entrato nei meccanismi difensivi del Chievo, e Djordjevic, ancora a secco FOTOEXPRESSE Aglietti se la ride
Gigliotti, già entrato nei meccanismi difensivi del Chievo, e Djordjevic, ancora a secco FOTOEXPRESSE Aglietti se la ride

La forza dell’equilibrio, dello star bene in campo, del tener lontano l’avversario dalla porta. Maturità, in un concetto solo. Anche nel vincere di un solo gol. Basta e avanza al Chievo, se il tuo portiere in fondo quasi fa lo spettatore. Lunedì sera, dopo aver ridimensionato il Brescia, sorrideva Alfredo Aglietti. Rilassato. Telefonino in mano a leggere gli sms catapultati uno dietro l’altro quando il cellulare l’ha riacceso. E la sensazione, rileggendo velocemente la partita, che il Brescia sia stato un punto di svolta. Presto per le sentenze, ma il Chievo di oggi è già un passo avanti rispetto alla prima versione. Consapevole più mai, sicuro dei suoi mezzi e cosciente dei suoi limiti. DIFESA AL MASSIMO. Il Chievo non prende gol da 206 minuti, dalla testata di Djuric nella sconfitta con la Salernitana. Casuale, dopo un angolo, come la stoccata di Tutino nello stesso pomeriggio su una palla vagante non aggredita a dovere da Leverbe. Basta. Briciole per il resto. Di rischi appena l’ombra. A Pescara, con la Reggiana, col Brescia. Non è solo fase difensiva, c’è molto di più. A partire dal possesso palla, all’avvicinamento alla porta più ragionato rispetto al vecchio Chievo vestito sempre e solo di tridente. Linee strette, appoggi garantiti, circolazione rapida, tutti coinvolti. Dall’opera di raccordo dell’utilissimo Fabbro alla spinta intelligente ai lati, dove Mogos e Renzetti si sentono come a casa. La cerniera di mezzo, poi, è diventata più ricca. Non era solo un contorno Guillaume Gigliotti, il mancino che Aglietti non aveva. Suo giocatore ad Ascoli, suo fedele alleato ora. Fuori col Brescia solo per un naturale affaticamento, da mettere in preventivo visto che due gare di fila non le giocava da fine luglio. La sua presenza costringe anche una colonna come Leverbe a tenere sempre alte le antenne, magari eliminando quei leziosismi il più delle volte inutili. L’ULTIMO ANELLO. La notte col Brescia ha dato molti indizi sullo strategico ruolo di Ciciretti nel nuovo Chievo, ormai deciso a percorrere fino in fondo la via del palleggio. Il disegno parte da lontano, dalla precisa richiesta di Aglietti di volere un sinitro che sapesse non solo puntare la porta ma anche dialogare coi compagni. Ad entrare nel campo, a produrre idee veloci, a creare superiorità numerica, a far da regista periferico perché di teste pensanti più ce ne sono e meglio è. Il piano è semplice: Ciciretti sarà soprattutto una delle chiavi del Bentegodi. Dove gli spazi saranno spesso e volentieri ridotti al minimo, perché una squadra portata ad avanzare con la manovra e pericolosa su entrambi i lati del campo diventa un rebus difficile da sciogliere. Anche per le migliori. Va atteso Ciciretti, lo sapeva Aglietti, che in testa però ha già la velocità del Chievo quando il suo primo desiderio (esaudito) sarà brillante e rapido nel puntare l’uomo e nel fraseggio. SONNI TRANQUILLI. A distendere i nervi del Chievo ci ha pensato soprattutto l’abilità di Palmiero. Sempre la scelta giusta, sempre libero per cucire l’azione, sempre con gli occhi ovunque. Se c’è bisogno di risparmiare tempi di gioco, voce piuttosto sensibile nel calcio moderno, basta chiedere a lui. Col Napoli c’è un accordo sul prestito, con qualche accenno ma solo a parole per il riscatto. Niente di particolare, se però dovesse continuare così qualche passo in avanti a lungo termine si potrebbe anche azzardare. Il problema non si pone con Viviani, a Veronello fino al 2023, a sentire il mercato uno che il Brescia non aveva in mente di cedere. All’ultimo giorno però Tullio Tinti, il suo agente, ha buttato l’amo in giro. E il Chievo, fiutata l’occasione, è andato a prenderselo in un paio d’ore. Costato quasi zero Viviani, a vent’anni un grande affare se le premesse saranno quelle di lunedì davanti ai suoi ex compagni. Senza contare i margini che ha davanti. COLPI D’AUTORE. Quasi scientifico il Chievo. Mancavano le invenzioni di Garritano, per di più a getto continuo. Tre gol, tutti decisivi, nel finale della scorsa stagione. Due adesso. Prima alla Reggiana, poi al Brescia. Cinque nelle ultime nove di campionato, playoff compresi. Al Benevento quando il Chievo non era ancora sicuro di entrare fra le prime otto, al Pescara quando andava catturata la miglior posizione possibile nella griglia, ai quarti con l’Empoli per mettersi in tasca il pass per la semifinale. Valore enorme per la cadetteria, tornato quello dei tempi d’oro di Cesena e delle giovanili dell’Inter. Nella sinfonia col Brescia hanno suonato tutti. Anche Djordjevic, poco visibile però prezioso per sponde e varchi aperti. Il centravanti serve anche a questo. I gol, come diceva lunedì Aglietti, prima o poi arriveranno. Per tutti. •

Alessandro De Pietro

Suggerimenti