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Il caso

Chievo, dopo il fallimento l'attività prosegue. E conserva il titolo sportivo

Luca Campedelli
Luca Campedelli
Luca Campedelli
Luca Campedelli

Il tribunale di Verona ha concesso al Chievo l’esercizio provvisorio, dopo aver decretato giovedì il fallimento, elemento fondamentale per mantenere l’attività e quindi conservare il titolo sportivo. Starà ai curatori Renzo Panozzo e Luca Toninelli decidere le prime mosse, col consenso del giudice delegato Silvia Rizzuto. Una delle chiavi saranno i giocatori ormai ex del Chievo che quasi monopolizzano, insieme a qualche agente, l’elenco dei richiedenti creditori reclamando i compensi di una parte del mese di giugno del 2021, tutto luglio e i primi tre giorni di agosto prima che, proprio il 3, la Figc procedesse con lo svincolo di tutti i tesserati.

 

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Per il Chievo quei calciatori hanno ottenuto piuttosto un guadagno dall’essersi liberati, permettendo alle loro nuove società di prenderli a costo zero e di poter a quel punto innalzare gli ingaggi ad un livello superiore rispetto a quanto percepissero al Chievo. Un esempio perfetto di compensatio lucri cum damno, conseguenza vantaggiosa determinata da un provvedimento in realtà lesivo.
Non a caso i calciatori all’udienza del 17 giugno sul fallimento si sono opposti all’esercizio provvisorio, sulla base di interessi evidentemente contrari rispetto ai veri creditori.

Tasselli vari. Da valutare anche il futuro del Bottagisio, di proprietà del Chievo attraverso una controllata, centro sportivo d’eccellenza inaugurato nel 2014 diventato col tempo punto di riferimento per tante altre discipline. Partendo dalla scherma, fino alla canoa più parecchie attività multidisciplinari connesse ad altre società del territorio. L’attività residua del Chievo della passata annata, due squadre di Primi Calci, non ha ovviamente generato nessuna ulteriore perdita.
Dall’altra parte ci sono i crediti esigibili, mezzo milione dal Venezia per il rendimento di Kiyine più ulteriori premi di valorizzazione legati alle prestazioni di propri giocatori insieme all’accordo ormai vicino con l’Inter per avere una parte di quei dieci milioni prima pattuiti attraverso una carta privata per l’eventuale cessione ad altro club di Andrea Pinamonti, trasferito al Genoa per venti prima di rientrare alla base e protagonista di una grande ultima stagione a Empoli dopo aver cominciato bambino al Chievo ed essere stato ben presto prenotato dall’Inter.
 

Altre due strade. La grande partita però si gioca alla camera di consiglio, probabilmente giovedì 7 luglio perché ad oggi per giovedì prossimo non ci sono in calendario appuntamenti straordinari.
La camera dovrà prima decidere sulla compatibilità o meno dei tre giudici ricusati dal Chievo perché già incrociati nei mesi scorsi in precedenti gradi di giudizio e che hanno portato all’annullamento della discussione di giovedì. Solo successivamente si passerà all fase successiva, quando la camera delibererà se dare o no il via libera al procedimento al Consiglio di Stato perché c’erano tutte le ragioni di congelare il verdetto del Tar. Non sarebbe comunque quella l’ultima carta del Chievo che ha anzi già testato il terreno alla Corte dei Diritti dell’Uomo, non come ipotizzato tempo fa alla Corte di Giustizia Europea perché via accessibile dai giudici e non da una delle parti.
Per di più secondo le ultime leggi sulla riforma della giustizia è previsto che in caso di sentenza favorevole alla Corte dei Diritti dell’Uomo tutte le decisioni maturate nella nazione in cui si sono svolti i precedenti processi dovranno essere annullate. Battaglia totale alla Figc, per il Chievo il vero colpevole del fallimento per aver svincolato i calciatori e prima ancora preteso quei pagamenti al fisco che invece lo Stato non aveva richiesto. In ballo un maxi risarcimento ed una categoria degna della storia del Chievo. Pronto ad un’altra estate rovente.

Alessandro De Pietro

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