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Chievo, altra sberla E ricorso d’urgenza al Consiglio di Stato

Luca Campedelli, presidente del Chievo, con il team manager gialloblù Marco Pacione
Luca Campedelli, presidente del Chievo, con il team manager gialloblù Marco Pacione
Luca Campedelli, presidente del Chievo, con il team manager gialloblù Marco Pacione
Luca Campedelli, presidente del Chievo, con il team manager gialloblù Marco Pacione

Per il Chievo non è ancora finita. Direttamente al Consiglio di Stato ora, impugnando d’urgenza il provvedimento monocratico del Tar dopo la bocciatura di ieri mattina. L’ennesima di questa estate drammatica. «Vogliamo salvaguardare fino in fondo i nostri diritti», il grido del direttore generale Corrado Di Taranto, mentre in parallelo era partita una diffida alla Figc per impedire lo svincolo dei giocatori. Diffida demolita in serata dal provvedimento in senso opposto dai vertici del calcio italiano. Il teorema che via Galvani difende resta comunque sempre quello della materia tributaria sopra le regole della Figc, campo in cui il Tar non si sarebbe inoltrato fino in fondo proseguendo semplicemente sulla linea seguita dal Coni. Vano il tentativo dei legali del Chievo di trovare un filo conduttore grazie al quale coniugare il piano decaduto e pagamenti possibili solo da settembre, il vero nocciolo della questione. Non ha voluto sentir ragione il Tar, spalleggiato da Figc e Coni che il loro verdetto l’avevano già emesso. Una riammissione in sovrannumero è complicatissima, data per scontata quella del Cosenza come ventesima squadra del torneo. Il Chievo mira ora a un piano più alto, quello del Consiglio di Stato quindi, abbandonando la sfera del Tar e della collegiale. Per provare a diventare la ventunesima di B, magari fra una decina di giorni. Ma con quali giocatori? Strada sbarrata Per il Tar, nelle motivazioni, non ci sono stati «elementi tali da inficiare la complessiva ricostruzione dei profili di fatto e di diritto risultante dalla pronuncia del Collegio di garanzia del Coni» avvallando inoltre «l’interpretazione rigorosa delle pertinenti previsioni del Manuale delle licenze in ordine alla perentorietà del termine del 28 giugno 2021 e alla necessità che a tale data risultassero pienamente assolti gli obblighi tributari in questione: si tratta infatti di una disciplina basata su un criterio di certezza finalizzato a garantire il perseguimento delle esigenze di tempestiva ed efficiente organizzazione delle competizioni unitamente alla par condicio dei partecipanti alle stesse». Per quella data «la posizione non era fiscalmente regolare a motivo dell’intervenuta decadenza dalla rateizzazione pregressa di un debito che era da considerarsi esistente anche anteriormente agli sviluppi della fase esecutiva», si legge ancora, «nonché dell’assenza di un nuovo atto di rateizzazione formalmente perfezionato, non essendo sufficiente a tal fine una semplice istanza». Niente attenuanti Escluse le attenuanti del Chievo, fermo per la sospensione delle cartelle esattoriali in periodo di emergenza sanitaria. «Dal punto di vista dell’ordinamento sportivo», il parere del Tar, «detta situazione va considerata nella sua oggettività e attualità al momento della scadenza del termine perentorio, a nulla rilevando la prospettazione di elementi attinenti alla normativa emergenziale e comunque a un’ulteriore futura rateizzazione in fase esecutiva». L'ultima chance Non era automatico, diffida a parte, che i giocatori si svincolassero subito. La federazione presieduta da Gabriele Gravina ha già sciolto però le riserve, dagli elementi della prima squadra fino all’Under 15. Ora il Consiglio di Stato, l’ultimissimo grado. Con probabilità di spuntarla ridotte comunque al minimo. Dovesse fallire anche l’ultimo tentativo il nuovo Chievo potrebbe ripartire dalla Serie D, opzione non proprio scontata visto che Verona fra i professionisti è già occupata da Verona e Virtus ma probabilissima visti i grandi meriti sportivi con le ultime 27 stagioni consecutive vissute fra Serie A e Serie B. Ad avviare l’iter dovrà essere una richiesta del sindaco alla Federcalcio. L’iscrizione in sovrannumero è consentita solo in D ed in Eccellenza. Per l’eventuale collocazione in categorie più basse, dalla Promozione alla Terza categoria, avrà invece piena facoltà il Comitato regionale veneto. Non si potrà, come previsto dal punto 10 dell’articolo 52 delle Noif «aver soci e/o amministratori che abbiano ricoperto, negli ultimi cinque anni, ruoli dirigenziali con poteri di rappresentanza nell’ambito federale, in società destinatarie di provvedimenti di esclusione dal campionato di competenza o di revoca dell’affiliazione dalla Figc». Non potrà essere più il Chievo di Luca Campedelli. Potrebbe anche essere evitato il fallimento ma senza la Serie B mancherebbe lo scopo sociale incluso nello statuto di club professionistico. Morirà in sostanza la storica matricola 9830, orgoglioso segno distintivo di un miracolo calcistico di cui ora restano solo i ricordi. A meno di un mezzo miracolo al Consiglio di Stato. •.

Alessandro De Pietro

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