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Brighi, operazione nostalgia «Mi sono rimasti gli amici»

Nuovo volto all’Aic Matteo Brighi, tre stagioni al Chievo tra il 2004 e il 2007
Nuovo volto all’Aic Matteo Brighi, tre stagioni al Chievo tra il 2004 e il 2007
Nuovo volto all’Aic Matteo Brighi, tre stagioni al Chievo tra il 2004 e il 2007
Nuovo volto all’Aic Matteo Brighi, tre stagioni al Chievo tra il 2004 e il 2007

C’era anche lui nella notte di Sofia. «L’apice della storia del Chievo», il tuffo all’indietro di Matteo Brighi, 40 anni ora, quella sera del 2006, una delle chiavi di Bepi Pillon per sorprendere coi suoi inserimenti la difesa del Levski nel preliminare di Champions League. Quello che avrebbe aperto le porte ad un girone anche con Chelsea e Barcellona. Le foto in bianco e nero Ne aveva già viste tante Brighi, adesso nella squadra dell’Associazione Calciatori e a lungo fra i mediani più valorosi d’Italia, pure nazionale con l’Italia quando da Veronello passò alla Roma in una delle tante grandi operazioni del Chievo di allora. Quando la catena di montaggio funzionava benissimo. «Al di là di quella parentesi europea ricordo con estremo piacere anche, al mio primo anno, la salvezza all’ultima giornata», l’altra fotografia in bianco e nero di Brighi, rispolverando la volata vinta dal Chievo di “Icio” D’Angelo culminata dal pari dell’Olimpico proprio contro la Roma, davanti a tanti sui futuri compagni dopo un campionato pieno di tormenti e l’esonero di Beretta quando, dopo la sconfitta con la Fiorentina, tutto pareva perduto e certe distanze incolmabili. Sette punti nelle ultime tre bastarono per firmare l’impresa. Giovanni Sartori l’aveva preso dal Brescia, una delle sue innumerevoli intuizioni. Rapporti stretti Inavvicinabile Brighi per le piccole quand’era talento precoce al Rimini, tanto da finire alla Juventus prima di passare anche da Bologna e Parma. A Veronello per sostituire Simone Perrotta, non uno qualsiasi. Quando il Chievo della Serie A era diventato frequentatore abituale, dopo 109 punti nelle prime due stagioni con Delneri e basi parecchio consistenti. «Quel che più resta però sono i rapporti stretti in quel bellissimo periodo con amici che ancora sento. Come Sammarco, come Marcolini», l’altra immagine di Brighi, prima di guardare dritto negli occhi il Chievo di oggi che nel grande calcio non c’è più. Questione di regole Il Chievo sparito in un attimo. «L’Italia fa legge ormai per condotte societarie così così. Oltre ai tifosi chi ci ha perso sono stati in primis gli stessi giocatori. Non è così facile reinserirsi. Tanti ci sono riusciti ma qualcun altro no», la lettura di Brighi, anche azzurro con l’Italia di Lippi nel debutto di Sergio Pellissier del 2009 con l’Irlanda del Nord, punto fermo adesso dell’Aic insieme proprio a Perrotta, uno dei campioni del mondo passati dal Chievo con cui divise poi la mediana della Roma diventando protagonista pure di tante grandi serate europee. Aggiungendo spesso a grandi prestazioni anche qualche gol pesante. Tanti incroci sulla sua strada, anche sulla via di Verona. A Perugia, sul finire della carriera, dove fra i professionisti s’era appena affacciato Nicolò Casale, oggi in rampa di lancio con l’Hellas. «Lui ha qualità, tecniche ma anche fisiche. Nei tre di difesa di Tudor ci sta benissimo. Sta crescendo velocemente», il ritratto di Brighi, lo spunto per allargare il quadro a tutto il Verona. Alla linea continua costruita da Maurizio Setti. «Si vede», chiude Brighi, «che c’è un disegno chiaro alla base. Gli ultimi anni lo hanno ulteriormente dimostrato. Altrimenti non si resta stabilmente in Serie A. Bravi tutti, a partire dalla società». •.

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