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«Speri atleta completo, Afyf è portiere di livello»

Terzo posto, miglior attacco, miglior difesa della Promozione. Michele Cherobin a Oppeano è stato, sul piano statistico, il miglior avvicendamento in panchina tra Eccellenza e Promozione. Cherobin negli anni si è fatto conoscere per le doti da abile equilibratore: nessun dogma, rifiuto del calcio teorico, la non comune capacità di far giocare le sue squadre secondo le possibilità del momento. Lontane da inutili pressioni, inconcepibili nei dilettanti, come più volte dichiarato da Michele. Nonostante la giovane età raccontata dalle sue quarantaquattro primavere, allena da quasi trent’anni: Virtus, Chievo nelle giovanili, poi il calcio di categoria vissuto dalla Seconda all’Eccellenza. Due le promozioni ottenute sul campo, centinaia i giocatori passati dalle sue mani: il vissuto di Michele non tradisce il forte legame con la Verona nel pallone della dinastia dei Cherobin. Con papà Alessandro, lo zio Luciano ed il cugino Oscar rimangono tra le famiglie con più intrecci con la storia del dilettantismo veronese. Michele, il Pallone d’oro volge al termine. Molti tra i candidati sono stati tuoi allievi... «Sì, ne vedo in tutte le categorie. Profili diversissimi sul piano tecnico, ma tutti con una storia lunga anni nei dilettanti. In un calcio che evolve in molti modi fare le cose volentieri è ancora il motore di carriere che resistono nel tempo. Se il gioco non vale lo sforzo, che gioco è?». Partiamo dalla lista del Pallone d’oro. Il più talentuoso? «Premetto che voterò tutti giocatori che ho allenato e conosciuto personalmente. Dico Matteo Speri: l’ho allenato da piccolo nel Chievo. Era bravissimo tecnicamente: è rimasto tale. Centrocampista completo, Matteo». Seconda e terza piazza tra i dorati? «Federico Marchetti per la capacità di decidere le partite. Poi sono testimone di nozze di sua moglie, quindi è impossibile che non lo voti (ride, ndr). Infine voto Emilio Brunazzi per la caparbietà: nessuno come lui ha scalato le categorie dalla Seconda alla D. Di solito accade il contrario». Piccola parentesi: un collega degno di lode? «Gianni Canovo perchè vince sempre lui. Poi Matteo Biroli dell’Audace». Passiamo al podio dell’argento... «Vado sul sicuro scegliendo tre miei giocatori dell’Oppeano: Tarocco, Afyf e Beghin. Tarocco lo vorrei in qualsiasi squadra, Afyf è un portiere da Eccellenza, Beghin un professore di calcio: un piacere averli allenati». Eppure non rimarrai a Oppeano... «Dispiace, la società ha fatto la sua scelta: io la rispetto. Sarei rimasto volentieri perché con piccoli correttivi saremmo ripartiti con un gruppo competitivo». La prossima avventura di Cherobin? «Mi piacerebbe partire dall’inizio, ma non sono malato di calcio: parlerò con chi mi cercherà. Di sicuro farò calcio tra Promozione ed Eccellenza: non per presunzione, ma perché me le sono conquistate sul campo». Più di una stagione hai giocato con più sottoquota di quelli previsti dalla norma che ne obbliga l’impiego. Favorevole o contrario? «Contrarissimo, perché nessun allenatore fa giocare chi non merita. La mia Virtus era giovanissima, eppure abbiamo sfiorato l’Eccellenza. È una regola che crea solo false aspettative, io non la condivido pur essendo un tecnico che da sempre ha dato ampio spazio ai ragazzi». La tua squadra più capace di esprimere talento? «Col Caldiero ho vinto la Prima con sedici punti dalla seconda: c’era talento diffuso in quel gruppo. Poi cito la Virtus e l’ultimo Oppeano: due delle squadre più dominanti sul piano offensivo tra quelle allenate». Il talento che senti più tuo? «Michele Vesentini, quando sono arrivato alla Virtus era incerto sulla riconferma: ora è tra i migliori attaccanti d’Eccellenza. Il suo potenziale sarebbe emerso comunque, ma quell’anno è stato la svolta». Concludiamo: podio del pallone di bronzo? «Luca Cinquetti, Nicolò Salmaso e Giacomo Brutti: tutti tre miei ex giocatori».•.

Riccardo Perandini

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