Verona in un angolo del cuore, il calcio vissuto «come una malattia», per usare una metafora cara anche a Luca Campedelli, e il Chievo tra i ricordi più emozionanti: Stefano Sorrentino, in perfetta forma fisica e brillante come quando si agitava tra i pali, è appena uscito dal mondo del pallone ma studia per ritornarci.
Presidente del Chieri - provincia di Torino - fino a un mese fa, oltre che apprezzato opinionista televisivo, domenica stava in tribuna a Gorgonzola per seguire Atalanta Under 23-Virtus. Perché «ero a Bergamo con mia moglie, quindi comodo», rivela. E perché in un potenziale futuro da direttore sportivo (il patentino ce l’ha) o da procuratore sportivo (qualcosa ha già combinato) la Serie C può offrire un bel po’ di spunti: «In effetti sono qui soprattutto per curiosità. È un mese e mezzo che ho ceduto la mia di società e adesso vado in giro a vedere un po’ di partite».
Quindi ha visto qualche giocatore, in particolare della Virtus, che meriterebbe attenzioni particolari?
Sicuramente il portiere Sibi mi ha fatto una bella impressione. Ci sono tanti giovani anche se, essendo la prima di campionato e con questo caldo, i valori non vengono espressi al cento per cento. Però ho visto che la Virtus è ben messa in campo e credo possa ripetere il campionato dello scorso anno.
Restando sullo scorso anno, il fenomeno Virtus visto da fuori che impressioni ha lasciato? Quei quarti di finale playoff sono stati una sorpresa fino a che punto?
Sono stati una sorpresa per modo di dire. Non è che questi si sono svegliati una mattina e si sono ritrovati a un passo dalle semifinali. C’è un lavoro dietro, un lavoro di tanti anni. Si riconosce una programmazione. Il fatto di investire sui giovani giusti e di cambiare il meno possibile ha potuto garantire continuità e i risultati si vedono.

Gigi Fresco visto dalla prospettiva di Sorrentino?
Lo conosco soltanto da addetto ai lavori, non ho il piacere di conoscerlo personalmente ma è chiaro che è personaggio che mi incuriosisce parecchio. Fa tante cose, dal nulla è arrivato vicino alla semifinale per la B costruendo anno dopo anno, un mattoncino alla volta. Direi che è una garanzia. Ma Fresco non lo scopro certamente io oggi.
Casarotto protagonista.
Ha fatto due gran gol, a cominciare da quello su punizione. Da come subito è partita la palla si è capito che sarebbe stata imparabile.
Cosa manca a Sorrentino di Verona e cosa manca a Sorrentino del Chievo? A mente fredda probabilmente è più facile raccontarlo.
Di Verona mi manca tanto. Chiaro che quando stai in una città, in una società per nove anni… Parliamo di un bel pezzo di vita. Il Chievo non esiste più ma a Verona ci sono ancora tanti ricordi, tanti amici e, anzi, proprio nei prossimi giorni ci farò un salto per salutarli.
I posti del cuore? Veronello?
Veronello ma anche Peschiera, dove adesso c’è l’Hellas. Ma penso anche alle persone, gli addetti ai lavori, fino ai massaggiatori e ai magazzinieri di quel Chievo. Penso a Michele Sebastiani, per dire. Tante persone anche extra calcio, come Elisa e Ivan, i nostri amici di famiglia. Quando hai la fortuna di star bene per tanti anni in una città è chiaro che si possono creare affetti importanti che ti tieni stretti tutta la vita.
E frequentazioni particolari con gli ex compagni? Non esiste - come ormai va quasi di moda - una chat di ex Chievo?
No, chat non ne abbiamo ma ce ne sono tanti che sento spesso. Come Dainelli, Ariatti, Moscardelli, Pinzi... Spesso anche con Sergio Pellissier, altrettanto spesso vedo Nicholas Frey col quale gioco a padel.
Chi vince?
Diciamo che Nicholas è bravo, molto bravo.

Amici uguale nostalgia?
Direi che è bello avere ancora certi rapporti. Perché se dopo tanti anni che non ti frequenti più per via del calcio ancora mantieni i contatti significa che, oltre ad essere stati dei colleghi, sono stati anche una parte integrante della tua vita.
Accennando a Pellissier impossibile non fare due parole anche sulla Clivense.
Sta facendo grandi cose. Sono contento per Sergio. La strada è lunga, anch’io da dirigente lo scorso anno ho fatto un campionato di Serie D e so benissimo che ci vogliono milleottocento occhi e che sette giorni su sette di lavoro non ti bastano. Però è una bella storia e sono contento per lui che sta realizzando il suo sogno.
Qual è, restando alla sua storia nel Chievo, la partita del cuore di Sorrentino?
Ce ne sono state tante. Ovviamente il fatto di vincere a Milano, di battere la Juve, di battere la Fiorentina a Firenze e salvarti con quattro, cinque giornate di anticipo... Sono state tutte grandi giornate. Senza contare l'aver parato il primo rigore di Cristiano Ronaldo in Italia.
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Un rimpianto invece?
Certo. Quello di non aver salutato con l'ultima partita la gente, non aver salutato come avrei voluto il calcio dei professionisti. Credo che me lo sarei meritato.
L'ultima volta che si è sentito con Luca Campedelli?
Il "pres" l'ho sentito via messaggio dieci giorni fa.
Si può sapere cosa vi siete scritti?
Non si può. Tante belle cose però. Come dice lui il nostro è odio-amore per cui mi ha fatto piacere salutarlo e quando sarò a Verona farò il possibile per incontrarlo.
Non avrete parlato della sua nuova avventura nel Vigasio?
No, non abbiamo parlato di pallone. Abbiamo parlato di noi e basta.
Due parole però sul ritorno suo e di Pacione nel calcio?
Io dico sempre, e lo sto vivendo sulla mia pelle, che il calcio è, tra virgolette, una malattia. E quando ci sei dentro fai di tutto per rimanerci.