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Nikola Grbic

Nikola Grbic parla alla squadra. A suo fianco un altro ex gialloblù: Bartlomiej KluthLa locandina della Cev per la finale di Champions maschile e femminile a Verona Grafica Giulia Maccaboni
Nikola Grbic parla alla squadra. A suo fianco un altro ex gialloblù: Bartlomiej KluthLa locandina della Cev per la finale di Champions maschile e femminile a Verona Grafica Giulia Maccaboni
Nikola Grbic parla alla squadra. A suo fianco un altro ex gialloblù: Bartlomiej KluthLa locandina della Cev per la finale di Champions maschile e femminile a Verona Grafica Giulia Maccaboni
Nikola Grbic parla alla squadra. A suo fianco un altro ex gialloblù: Bartlomiej KluthLa locandina della Cev per la finale di Champions maschile e femminile a Verona Grafica Giulia Maccaboni

Per lui sarà come tornare a casa. Nikola Grbic, nel palazzetto dove ha allenato Calzedonia per due anni e mezzo, sabato si giocherà il trofeo più importante della sua carriera da allenatore: la Champions. Coppa che nel suo ricchissimo palmares da giocatore, dove svettano anche due medaglie olimpiche (un oro e un bronzo), ha conquistato due volte. Con Treviso e, guarda caso, con Trento. La sua prossima avversaria. Ma adesso ci proverà pure nei panni del coach. Il suo Zaksa, con il quale in Polonia ha vinto la Supercoppa - ma ha però perso la finale scudetto contro lo Jastrzebski Wegiel di Andrea Gardini - è arrivato a Verona giocando con le unghie e con i denti, eliminando ai quarti niente di meno che le due favorite alla vittoria finale: la Lube e poi, in semifinale, Kazan, entrambe piegate al golden set. Ora c’è l’ultima fatica, Trento. E sarà durissima. Che tipo di campionato hai trovato in Polonia? Non è al livello di quello italiano, ma anche qui ci sono delle squadre molto forti e dei grandi giocatori. In Italia quando la prima va a giocare contro l’ultima non si sa chi vince, qui invece le sorprese sono molto rare. Lo stesso in Russia. Questo è un campionato importante altrimenti non saremmo qui a giocare la finale della Champions, però credo che quello italiano sia il campionato più forte in assoluto. In Polonia la pallavolo è molto seguita e tutte le partite sono trasmesse in televisione anche perché lo sponsor del campionato è Polsat. E per il resto come ti trovi? Molto bene sotto tutti i punti di vista, come lavoro, come squadra, staff. Di gran lunga la migliore esperienza lavorativa che abbia mai avuto. Con il presidente Sebastian Swiderski, ben noto anche in Italia, c’è grande sintonia, parliamo la stessa lingua. Questa finale era quella meno pronosticata. Assolutamente. Le aspettative non erano a nostro favore. Zaksa è una società che ha il quarto budget in Polonia, in Italia equivale forse a quello di un club di media classifica. Per cui non era assolutamente immaginabile. Abbiamo bravi giocatori, ma per esempio come titolari nazionali abbiamo Toniutti e Zatorski. Questo è un risultato storico per la società anche se è stato un risultato conquistato sul campo. Non abbiamo incontrato squadre facili né avversari con giocatori infortunati. Erano tutti al completo e giocavano bene. E nonostante questo abbiamo vinto e ora siamo a Verona. Torni in un palazzetto che conosci molto bene. Sì, eccome. Ti fa un effetto particolare? A dire che non me lo fa non sarei sincero. Ma una volta iniziata la partita sarò concentrato su quello che dovremo fare in campo. Appena ho saputo che c’era la finale a Verona mi sono immaginato di alzare la coppa al Forum, sarebbe bellissimo. Anche perché sarebbe la seconda volta dopo la coppa Italia conquistata quando era a Cuneo contro Trento da giocatore nel 2010. Sarebbe davvero molto, molto significativo e bello vincere di nuovo. Di sicuro fare la storia a Verona sarebbe un sogno. Che ricordi ti sono rimasti di Verona? Città stupenda dove sono stato veramente bene. Mi sono arrivati tanti messaggi per complimentarsi di questo risultato da tanti amici e persone conosciute lì. Non vedono l’ora che arrivi. Si sono congratulati in tanti, sia dalla società sia dai tifosi. Dopo aver fatto due anni e mezzo a Verona normale avere lasciato un ricordo e con tanta gente sono rimasto in contatto. Sarà bellissimo tornare. Cosa ti aspetti da questa sfida, come vedi Trento? Trento ha avuto un inizio difficile giocando un bel po’ al di sotto delle aspettative e del suo reale valore. Poi piano, piano si è rialzata e adesso gioca una bella pallavolo. Poi chiaro che quando vai a giocare contro la Lube, in semifinale scudetto, in una serie tre su cinque, è dura. Anche noi quando abbiamo visto che avevamo pescato la Lube nei quarti in tanti si sono scoraggiati perché conoscevano il tipo di squadra che andavamo ad affrontare. Ma ci siamo preparati in questo anno straordinario a giocare certi tipi di partite, così è stato anche per le sfide con Kazan. Vincere certi match uscendo da situazioni difficili ci ha dato molta forza e fiducia. Siamo riusciti a dare il meglio quando serviva. In Polonia fanno tutti il tifo per te e lo Zaksa. Sarà un’altra battaglia, come quelle contro la Lube e contro Kazan. Questa volta però si tratta di una partita sola, non ci sono golden set. Né repliche. Questa partita per noi rappresenta un grande evento, il sogno di questi ragazzi che non hanno mai giocato una finale Champions, sarebbe fare la storia. Da 43 anni nessuna squadra polacca vince un trofeo del genere, c’è tutto il Paese che ci sostiene, c’è tanta partecipazione, è una gara molto sentita. È la prima volta nella storia del club in una finale di Champions. Dal punto di vista tecnico non devo di certo ricordare quali sono le qualità di una squadra come Trento, in un palazzetto dove hanno giocato mille volte a 80 chilomentri da casa. Sarà una battaglia, ne siamo consapevoli, ma esserci è un onore. Per me, per i ragazzi, per la società e per la Polonia.

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