<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">

Birarelli smette di giocare «Orgoglioso di quanto fatto»

Emanuele Birarelli, il capitano gialloblù e ex capitano della nazionale,  in attacco a centro rete
Emanuele Birarelli, il capitano gialloblù e ex capitano della nazionale, in attacco a centro rete
Emanuele Birarelli, il capitano gialloblù e ex capitano della nazionale,  in attacco a centro rete
Emanuele Birarelli, il capitano gialloblù e ex capitano della nazionale, in attacco a centro rete

È arrivato il giorno di dire basta. Emanuele Birarelli, a 39 anni e dopo una grande carriera, si ritira. Dopo 25 anni a centro rete, dopo la malattia che lo ha fermato, la determinazione a tornare in campo, i successi a Trento, la maglia azzurra, la fascia da capitano, le medaglie olimpiche, per il Bira è arrivato il momento di uscire dal campo. Il Bira dunque si ritira. Sì, ed è stata una scelta fatta pensando anche alla famiglia. Sto bene e avrei potuto giocare ancora ma di sicuro non sono quello che vuole a tutti i costi giocare fino a 44 anni. E comunque avevo già in mente di iniziare un’altra carriera anche perché a una certa età bisogna pure pensarci. Un po’ questo e un po’ anche il fatto che con la Bluvolley fino a poco fa non avevo capito bene che intenzioni avesse. Cosa farai? Da un po’ di tempo avevo una proposta sul tavolo fatta dal mio procuratore Luca Novi che mi ha chiesto di collaborare con lui. E ho accettato. Il Bira come si vede come procuratore? Mi piace. Mi piace molto. Anche l’idea di rimanere nell’ambiente, di avere a che fare con l’alto livello visto che stiamo parlando di un’agenzia forte che segue tutti i giocatori più importanti. Contento di poter andare a scoprire qualche ragazzo promettente. E il fatto di venire dal campo può costituire un valore aggiunto per l’agenzia e per i giocatori che segue. E l’idea di fare l’allenatore è tramontata? Ora come ora non mi piace troppo la vita che fa un allenatore, sempre con la valigia in mano. Adesso ho bisogno di avere una situazione in famiglia un po’ più stabile. Il tuo ultimo anno ha coinciso con la stagione stroncata dal Covid... un peccato. Non ci sarebbe stata comunque una celebrazione, chiamiamola così, dell’ultima partita perché poi queste decisioni arrivano anche in modo un po’ imprevedibile. Devo dire che questo periodo mi ha aiutato anche a vedere le cose da un altro punto di vista. Siamo sempre abituati a vivere in apnea, sempre di corsa. Fermarsi mi ha permesso di riflettere su alcune cose e, ripeto, la decisione presa è stata fatta in modo molto consapevole. Un altro anno però avresti anche giocato volentieri no? Sì, certo. Ci fossero state le condizioni per continuare sarei andato avanti. Ma non potevo aspettare le decisioni altrui e ho preferito decidere per me stesso. Tanti anni di pallavolo, tante esperienze, tanti successi, cosa ricordi in particolare modo? I ricordi sono veramente tanti. Molti bellissimi, ma anche diverse batoste, come è normale nello sport. E devo dire che le delusioni segnano più delle vittorie. Tantissime soddisfazioni con i club. Anzi, con il club. Perché sono arrivate a Trento. Ma tutto quello che ho vissuto mi ha aiutato a progredire sempre un po’. Se devo proprio citare qualcosa ricordo le tre Olimpiadi disputate, le due medaglie. Manca sì un trofeo con la nazionale ma purtroppo non vinciamo da tanti anni. Ma ci abbiamo provato. Sono orgoglioso di quanto fatto considerato anche che a 25 anni non giocavo e ho ripreso dopo la malattia. Dalla mia carriera non potevo aspettarmi di meglio. E tra le batoste, quella più dura? Di Trento tutti ricordano solo le vittorie, ma sono arrivate anche delle belle delusioni. Più in generale ha sempre fatto male arrivare a un passo dai grandi obiettivi, tanti secondi posto come a Rio con la nazionale. Per non parlare del Mondiale del 2014 dove siamo andati molto, molto male e io ero capitano. E l’esperienza a Verona? Anni molto belli, davvero. Mi è piaciuta tanto anche la città alla quale mi sono molto legato e dove è nata pure la mia seconda figlia. Allenatori o giocatori, chi ricordi particolarmente? Difficile da dire. Di tutti ricordo qualcosa, tutti mi hanno dato qualcosa di buono mettendo da parte anche le divergenze che possono esserci state. Per quanto riguarda i compagni devo dire che negli ultimi anni con loro c’era un po’ un gap generazionale ma a me piaceva. Spero che tutti possano ricordarmi come un compagno di squadra che è stato bello da ascoltare e da affiancare in campo. Come ti sembra la squadra allestita dalla Bluvolley? È buona e sono contento per Jaeschke che ha di nuovo una chance a Verona. Un ragazzo che non può essere così sfortunato e mi auguro davvero che per lui sia la volta buona. Tanto dipenderà anche da lui perché è un giocatore davvero importante. •

Marzio Perbellini

Suggerimenti