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Aip, il sogno di Centomo diventato realtà

I soci fondatori di Aip a Roma il giorno della costituzione dell’associazioneFederico Centomo all’AgsmForum
I soci fondatori di Aip a Roma il giorno della costituzione dell’associazioneFederico Centomo all’AgsmForum
I soci fondatori di Aip a Roma il giorno della costituzione dell’associazioneFederico Centomo all’AgsmForum
I soci fondatori di Aip a Roma il giorno della costituzione dell’associazioneFederico Centomo all’AgsmForum

La forza della passione. L’Aip, l’associazione italiana pallavolisti fondata poco più di un mese fa, si può dire sia nata grazie alla sua tenacia e al suo ostinato lavoro. Federico Centomo, ex giocatore di Calzedonia, da quando tre anni fa lesse un’intervista a Ivan Zaytsev che parlava dei problemi della pallavolo come sport non professionistico, non ha pensato ad altro e all’argomento ha dedicato pure la tesi della sua laurea triennale in Giurisprudenza. Il risultato oggi è un’associazione con 18 membri fondatori che vuole diventare la voce dei pallavolisti su tutti i tavoli che contano e dove si decidono le sorti del volley maschile e femminile, del beach e del sitting volley. Un nuovo soggetto con cui le Leghe, la Federazione, gli agenti sportivi e le istituzioni non potranno fare a meno di confrontarsi e di cui Centomo è il Segretario generale. Con Aip si è realizzato un sogno. Ci tenevo anche perché ce n’era bisogno. Tre anni fa iniziavo ad avere il sentore che fosse necessario fare qualcosa e in questi tre anni la rete che si è creata ha portato a questa realtà. Ma è stata resa possibile con il contributo di tutti. Quale è stata la scintilla? Un’intervista a Zaytsev che parlava dell’assenza di tutele per i pallavolisti. Che è uno sport dilettantistico. Non ci avevo mai pensato, mi ha incuriosito e ho iniziato a informarmi. Questa è stata la scintilla. Non pensavo saremmo riusciti a creare qualcosa perché tutti dicevano che sarebbe stato impossibile. Ma la situazione Covid ha accelerato tutto e fatto sì che si incastrassero diverse cose. Soprattutto hanno chiamato Matteo Sperandio (A3) e poi Pierlorenzo Buzzelli. Con loro è partito tutto. Puoi considerati il socio fondatore di questo movimento. Preferirei dire che i soci fondatori sono i 18 iscritti che hanno costituito l’associazione a Roma assieme a Damiano Tommasi. Che ci ha dato una grossissima mano. Come è nato il coinvolgimento di Tommasi? Ho incontrato Damiano per caso pochi giorni dopo che era uscito un articolo su L’Arena che parlava di volley e professionismo e visto che era presidente Aic (associazione italiana calciatori) gli ho chiesto un po’ di cose. Quali sono i problemi legati al mondo del volley? Molta gente non sa per esempio che il volley è uno sport dilettantistico e che per i giocatori d’alto livello mancano molte tutele: previdenza, maternità, malattia. E Aip lavora per migliorare questa situazione e non tanto per trasformare la pallavolo in uno sport professionistico perché bisogna anche considerare la sostenibilità di un’operazione del genere per i club. Poi si sta adoperando perché ci siano contratti tipo per tutti gli atleti. Vuole trovare un compromesso equo tra le esigenze delle società e quelle dei giocatori sul vincolo sportivo. Un altro tema è quello delle iscrizioni delle società ai campionati e delle liberatorie che i giocatori devono firmare per attestare che hanno ricevuto tutti i compensi. A noi, per esempio, piacerebbe che in fase di iscrizione di una società al campionato ci fossero i contratti depositati e tutto diventasse automatico: poi basterebbe presentare la ricevuta di versamento del compenso sportivo. Vorremmo rendere tutto più snello e trasparente. Vorremmo fossero predisposti dei percorsi di studio compatibili con la carriera spartiva ed altrettanti per il post carriera. Ma serve un confronto. Il vincolo sportivo è un tema caldo e molto sentito. La Federazione ha detto che ci vuole mettere mano e sappiamo che ci sta lavorando. Abolirlo può avere dei pro e dei contro. La posizione di Aip in merito è quella di trovare una giusta via di mezzo che possa evitare che un ragazzino che inizi a giocare a 14 anni sia vincolato fino ai 24, per 10 anni. La cosa perfetta sarebbe che a 18 anni possa decidere. Avere almeno uno step ai 18. E da lì in poi avere fasce temporali molto ridotte. Ma contemporaneamente prevedere delle indennità per le società che hanno investito sul giocatore e lo hanno allenato. È molto complesso e andrà fatto un lavoro molto serio. Le resistenze più grosse? Siamo nati da poco più di un mese. Le resistenze sono quelle di un mondo che è sempre stato così. Noi ci vogliamo inserire in questo mondo con molta umiltà, molta educazione e massima disponibilità. Noi vogliamo solo essere la voce dei giocatori, portare idee, confrontarci, dialogare. Obiettivi a breve termine? Vogliamo aprire dei tavoli di confronto con i giocatori. Vogliamo essere presenti e lo siamo. Le Leghe ci hanno già incontrato, il governo pure. Stiamo aspettando la disponibilità della Federazione, che in questo momento però ancora non è arrivata. Finora per cosa siete stati interpellati di più? Vincolo sportivo, liberatorie e protocollo sanitario in vista di amichevoli e inizio della stagione. Noi ci siamo, siamo qui a disposizione. Basta solo contattarci. •

Marzio Perbellini

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