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Eccelenza

Bentivoglio cambia vita: «Alleno l'Under 19, il mio modello è Italiano»

di Alessandro De Pietro
Bentivoglio in azione con il Vigasio
Bentivoglio in azione con il Vigasio
Bentivoglio in azione con il Vigasio
Bentivoglio in azione con il Vigasio

La passione non gli manca, la materia la conosce, le idee le ha. Simone Bentivoglio ha scelto così di esplorare un’altra via, allenatore dell’Under 19 del Vigasio di cui continuerà la domenica a governare il centrocampo in Eccellenza. Di insegnanti ne ha avuti tanti. Da Di Carlo a Iachini, da Pioli a Pippo Inzaghi, da Crespo a Zenga fino a Corini passando per Ventura e Cosmi, Zoratto e Dal Canto, Atzori e Sannino, Javorcic e Calori, Bergodi e Vecchi. «Verso chi guarderò maggiormente? Verso nessuno di loro. La mia più grande ispirazione non è stato un mister ma un compagno di squadra: Vincenzo Italiano», la prima fonte di Bentivoglio, compagno del profeta della Fiorentina al Chievo e successivamente al Padova.

«Parlavamo sempre di calcio, in campo ascoltavo più lui che la panchina. Già allora aveva in tasca il mestiere da allenatore», il tributo di Bentivoglio all’amico di sempre, a cui nei giorni scorsi ha anticipato che avrebbe presto cominciato anche lui. «Gliel’ho scritto in un sms. “Buono”, mi ha risposto. Il suo benestare l’ho avuto, ora non mi resta che buttarmi a capofitto nel lavoro. Ai miei ragazzi voglio trasmettere sicurezza ed entusiasmo. E voglio farli divertire», il primo obiettivo di Bentivoglio, davanti ad un compito assai complicato perché il Vigasio è ultimo con un punto appena nel girone A d’Elite e sabato alla ripresa esordirà, in casa, contro il super Villafranca primo con 35 punti in 13 partite.

Bentivoglio vuole capire, prima di tutto. Rendersi conto direttamente se questo può davvero essere il suo futuro, dopo 105 presenze in Serie A, 226 in B più squarci di Lega Pro con Venezia, Siena e Virtus. Il patentino Uefa B ce l’ha, presto prenderà pure l’Uefa A. Per continuare a capire, sempre guardando verso Italiano. «Mi piacciono le cose pulite del calcio, mi piace il confronto, mi piace la condivisione. C’è tanto business, d’accordo. Ma alle radici c’è il gioco, c’è la speranza, c’è la faccia bella dello sport. Ed io lì voglio scavare», il fermo immagine di Bentivoglio, 37 anni il prossimo 29 maggio, ormai veronese d’adozione. Un paio di moduli in testa li ha, senza avere l’ossessione della tattica. «Mi piace tanto il 4-3-3, ma non so se potremo farlo. Probabilmente», il suo punto di partenza, «comincerò con qualcosa di più semplice. Il 4-3-1-2 quindi, anche se il bello di questo inizio è vedere tutti e 19 i giocatori presenti agli allenamenti. Saremo sempre propositivi, subire solo non serve».

Viaggerà su due corsie. Fra Under 19 ed Eccellenza. «Non è facile vincere dei campionati, a nessun livello. Devi creare le giuste alchimie e i necessari equilibri. Non tutto mi piace del calcio dilettante. Vedi la regola dei giovani obbligatori», la convinzione di Bentivoglio, «dannosa per le società ma anche per gli stessi ragazzi. Anche in Serie C. Totti e Maldini non hanno avuto bisogno di certe imposizioni per debuttare in A ancora ragazzini». Fa un passo indietro Bentivoglio. Fino a Veronello, fino al suo Chievo. «Fa un effetto molto strano, perché s’era riuscito a creare davvero qualcosa di fantastico. Ho chiamato anche il presidente Campedelli. Il dispiacere è grande, te ne accorgi soprattutto dopo un po’ quel che davvero è successo. C’è un vuoto ora. Compresa la rivalità e il parallelo col Verona. Si manca tantissimo», lo scatto di Bentivoglio, «per cui tutti noi dello spogliatoio abbiamo sempre avuto grande rispetto. Partendo dalla sua tifoseria. Al di là dell’ammirazione che ho adesso per quel che s’è costruito in questo ultimo periodo con Juric e Tudor. Il derby mancherà a tutti perchè era un evento importante per la città».

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