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CAMPIONATI MONDIALI NELL'OREGON

Bendinelli torna d’acciaio, una sfida da ultra ironman tra montagne, laghi e orsi

Giampaolo Bendinelli tornerà, dopo sei anni, sullo stesso campo di gara, in Oregon, In Usa
Giampaolo Bendinelli tornerà, dopo sei anni, sullo stesso campo di gara, in Oregon, In Usa
Giampaolo Bendinelli tornerà, dopo sei anni, sullo stesso campo di gara, in Oregon, In Usa
Giampaolo Bendinelli tornerà, dopo sei anni, sullo stesso campo di gara, in Oregon, In Usa

L’istinto dell’uomo è superare se stesso? Una vocazione oppure una scelta? Giampaolo Bendinelli tornerà, dopo sei anni, sullo stesso campo di gara, in Oregon, In Usa, in cui si misurò con un doppio Ironman, concluso in 36 ore. Accadrà tra l’8 e il 9 giugno e sarà una prova di Campionato del mondo, categoria ultraironman. «Questa è una delle prove più temute dagli atleti, ma non da me», esordisce l’uomo di acciaio di Lugagnano. «Ciò che spaventa è il percorso, sia per quanto riguarda l’altitudine sia per il fatto che la corsa si sosterrà in notturna, all’ombra di una fauna non così rassicurante». Il suo obiettivo: migliorare il tempo di gara non stop nelle tre prove da 8 chilometri di nuoto, 360 in bici, 84 di corsa.

«Da quella prima edizione nel 2016 nessuno degli atleti che erano con me è mai più ritornato. Ciò che mi spinge nuovamente a partire è misurare il mio limite, vedere se e quanto io sia cambiato, se in meglio o in peggio, avendo sei anni anagrafici in più», spiega. «Saremo in trenta alla partenza, di cui solo quattro europei e io sarò l’unico italiano. Le variabili in gara saranno diverse: in Florida, gli alligatori dormivano in letargo sul fondale del lago, qui, a pochi chilometri da Portland, mi troverò faccia a faccia con castori e orsi. Sarà come entrare nel regno di Narnia e questo mi infiamma», continua il Papo, come lo chiamano gli amici. E poi: «Questo doppio ironman presenta il percorso più complicato del calendario mondiale, con un dislivello di un certo tipo da sostenere nella prova in bici e un sentiero sconnesso da correre al buio». Un doppio non stop, che prenderà avvio dalla tradizionale prova di nuoto. «Il lago in cui nuoteremo si trova nell’Harry Hegg Lake State Park e ha una storia estremamente singolare: il legname rosicchiato dai castori e lasciato a terra, a lungo andare, ha creato una vera e propria diga, contenendo un bacino d’acqua cristallina», racconta Giampaolo. «Rispetto al 2016, due le novità ci attenderanno: l’assenza di elettricità e la presenza di orsi nel parco. Su questo, l’organizzatore ha rassicurato tutti, dicendo che dei ranger presiederanno i punti di snodo tra una prova e l’altra, dove noi, impavidi, ci ritroveremo per passare dall’acqua alla bici e dalla bici alla corsa e, soprattutto, nel punto ristoro con tanto di cucina da campo allestita per l’occasione», approfondisce Giampaolo.

In ogni gara ci sono sempre state delle incognite. «Una delle massime situazioni imprevedibili a priori sarà la notte: mentre correrò la doppia maratona una piccola lampadina posta sulla visiera del mio berretto, da buon ex alpinista, mi illuminerà la via dal basso, mentre, dall’alto, il resto lo farà la luce della luna e delle stelle. Gli altri atleti arriveranno con il camper. Io sarò l’unico accampato nella mia tenda. Partirò con 100 chili di bagaglio, la mia bici e le attrezzature necessarie». Segni particolari? «Saremo sulle Rocky Mountains, a quota 2.500 metri, dove l’apparato cardiovascolare lavora in condizioni alterate, con annessi disturbi nel ciclo sonno-veglia. L’ossigeno, a quelle altezze, inizia a scarseggiare, con la conseguenza che, già nei primi giorni di gara, si avvertiranno le conseguenze fisiche di questo squilibrio».

Ma di cosa si nutrirà per sostenere un simile ritmo? «Mi porterò dall’Italia formaggio grana e nient’altro. A Portland consumerò l’ultima cena, in un ristorante messicano, dove mi farò preparare dei tacos che porterò nel campo di gara», così risponde Giampaolo, lasciando trasparire una certa tranquillità rispetto al calcolo delle calorie che consumerà e che dovrà monitorare con attenzione. Come non chiedergli notizie sul tipo di allenamento. «Mi sono programmato delle sessioni in bicicletta, soprattutto nel bel mezzo di temporali per temprarmi, su tratti come quello di Verona-Bolzano andata e ritorno, con blocchi continuativi da 300 chilometri, da mattina a notte fonda». E conclude: «Ho sostenuto almeno due maratone al mese su percorsi offroad e ho disegnato una mappa con un tragitto di circa venti miglia, sulle colline moreniche dell’area Sommacampagna-Custoza: un non-stop di 35 chilometri da ripetere undici volte, fino a raggiungere i 360 chilometri previsti in gara, su dislivello e strada dissestata». Lui, come sempre, non parte mai solo: «Non sarà con me nessun assistente e neanche mia moglie, che voglio con me nelle prossime sfide, ma sarà con me il cuore di Abeo, Associazione bambino emopatico oncologico, di Verona: un’anima pulsante, che mi motiva a continuare la mia missione oltre l’impossibile».

Maria Cristina Caccia

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