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Addio a Giovanni Dalla Bona Guerriero delle due ruote

di Renzo Puliero
Giovanni «Franco» Dalla Bona in azione SITODELCICLISMO.NETUn arrivo vittorioso di Giovanni «Franco» Dalla Bona nel 1967
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Giovanni «Franco» Dalla Bona in azione SITODELCICLISMO.NETUn arrivo vittorioso di Giovanni «Franco» Dalla Bona nel 1967

Se ne è andato a 69 anni, intorno a mezzogiorno, dopo anni di lotta “con la bestia che avevo in corpo”, affrontata, pur tra rari momenti di sconforto, con carattere forte, serenità e con il sorriso: Giovanni Dalla Bona era nato a Pressana il 21 settembre 1951 ed aveva presto seguito le orme del fratello Luciano (iridato due volte nella Cento chilometri e medaglia d’argento olimpica), arrivando al professionismo, vissuto per tre stagioni (1973-1975) con la Dreherforte di Italo Zilioli e la Jollyceramica di Giovanni Battaglin. Non ha vinto, ma svolto bene il suo mestiere di gregario, meritando la riconoscenza dei suoi capitani, espressa anche in questi giorni tristi. Giovanni era, per tutti, Franco ed aveva cominciato con la Libertas Pressana. Si allenava col fratello Luciano, con Franco Mori che abitava poco distante, Angelo Soga, Ledio Menini «e da dilettante mi sono proprio divertito», raccontava. Prima vittoria a Chiampo in volata, maglia di campione provinciale e titolo veneto da esordiente, campione italiano Libertas nel 1967 e nel 1969, vittoria in salita sulle Torricelle al Trofeo Veterani Veronesi, 19 successi in due anni, ha la soddisfazione di sentire il nome suo e del fratello Luciano la sera del 9 giugno 1968 alla Domenica Sportiva perché lui aveva vinto a Grezzana (in volata su Conati) e Luciano si era imposto a Roma nella tappa del Giro d’Italia. Anche Franco aveva (ha) in casa una maglia iridata, quella del Mondiale militari del 1972, vinto per distacco a Champagne, nei pressi di Parigi. Ed è stato bravo cronoman, protagonista nella Coppa Adriana con la Padovani di Severino Rigoni (anche qui seguendo l’esempio di Luciano), per la quale conquista anche i Giri del Friuli e del Veneto da dilettante. È riserva azzurra al Mondiale 1971 di Mendrisio. Da professionista, fa alcuni piazzamenti nei primi dieci, corre e conclude il Giro d’Italia del 1973 «arrivando quasi sempre con gli ultimi, ma senza faticare troppo, senza i rantoli di altri miei compagni». Nel 1975 è al Tour de France. Deve aiutare Battaglin, che però si fa subito male ad un ginocchio, «noi lo assistiamo e sproniamo, ma quando non ce la fa più ad andare avanti, torno a casa anch’io». Franco smette presto, ammette che «il salto di dilettanti ai prof è troppo alto ed io arrivavo benissimo ai 180 km, oltre era notte fonda». Ha interpretato le corse in bicicletta con passione, ma anche con leggerezza e divertimento. Non ha mai lasciato il ciclismo. È stato direttore sportivo del Maglificio FDB, la società guidata da Antonio Fin che porta il nome dell’azienda di famiglia (della quale è cofondatore con i fratelli), ha seguito le corse, collaborato all’organizzazione (anche nel ricordo di Gianni Feriani, fondatore della Libertas Pressana). Lascia la moglie Giovanna ed i figli Marta e Matteo. Gli amici con cui ha condiviso le fatiche e la bellezza del ciclismo (Renato Giusti, Pietro Campagnari, Severino Andreoli, Luciano Soave, Lino Carletto, Franco Mori, Pietro Guerra, Giorgio Menini, Jano Zamperioli….) si stringono accanto a Luciano e alla famiglia nel ricordo di una persona buona e gioviale. Dopodomani, giovedì, alle 10, nel Duomo di Cologna Veneta, l’ultimo saluto. •

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