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Il 7 e il 19 agosto

Vittorio Grigòlo, il tenore «rock» torna sul palco dell'Arena: «Per calcarlo bisogna essere un po' gladiatori»

Vittorio Grigòlo torna sul palco dell'Arena
Vittorio Grigòlo torna sul palco dell'Arena
Vittorio Grigòlo torna sul palco dell'Arena
Vittorio Grigòlo torna sul palco dell'Arena

L’anno scorso Vittorio Grigòlo chiuse il Festival lirico duettando con Sonya Yoncheva nel Gala «Opera e Passione in Arena». Quest’estate il tenore aretino torna a Verona nei panni di Alfredo per due date de «La Traviata» (il 7 e il 19 agosto), affiancato nuovamente dal soprano bulgaro in quelli di Violetta.

«Cantare in Arena è sempre un’emozione grandissima, la reputo forse la prova più impegnativa per un artista» afferma Grigòlo, che nell’anfiteatro veronese, oltre ad Alfredo, ha interpretato il Duca di Mantova, Roméo e Mario Cavaradossi. «È un palco così carico di storia che per calcarlo bisogna essere un po’ gladiatori. Quindi ritornarci con una partner con cui ho un legame fortissimo come Sonia Yoncheva è una gioia immensa. Inoltre la mia voce sta cambiando. Fare qui quelle che potrebbero essere le mie ultime Traviate è insieme un regalo al pubblico areniano e un modo per salutare Alfredo in un luogo a me tanto caro».

 

A proposito di gladiatori, lei è noto per essere un artista che sul palco si muove moltissimo. Sono stato io a iniziare il cosiddetto body language nella lirica e di questo vado molto fiero. Mi hanno anche soprannominato il tenore rock perché ho unito «E lucevan le stelle» con «The Show Must Go On» dei Queen e proprio in Arena ho duettato con Brian May. Per cui sì, è vero: sono uno che sul palco non si risparmia, ma è sempre meglio dare di più. Zeffirelli mi diceva «Vittorio, io preferisco togliere qualcosa piuttosto che doverlo aggiungere».

Per quali prossime sfide si sente pronto? Le sfide sono tante, ma per me la più grande è riuscire a far bene ogni giorno. In termini di repertorio, la pandemia ha rimandato due debutti a cui tenevo molto, «Carmen» e «Pagliacci» (che avrei dovuto fare proprio in Arena nel 2020 e le cui date di quest’anno purtroppo non combaciano con il mio calendario). Ultimamente però il mio maestro mi ha dato il via libera per «Turandot» e «Aida», due opere molto areniane. Quindi chissà: forse prossimamente mi vedrete a torso nudo in Arena...

La croce e la delizia di essere un cantante lirico? La mia delizia è essere a contatto con il pubblico, regalare emozioni e vedere la gioia nei loro occhi. Compio sempre un viaggio personale per arrivare al cuore degli spettatori. La croce sono il sudore e la fatica, che però vengono ricompensati dagli applausi. In Arena poi bisogna essere degli atleti, ma se non si fatica non c’è soddisfazione. Oggi siamo abituati a questo mondo social dove si ottiene il successo in poco tempo. Nella lirica, invece, nulla ti viene regalato: o sudi e fai tanta esperienza o non potrai mai affrontare un luogo come l’Arena. E l’applauso areniano dà sempre una bella carica. Quello senza ombra di dubbio, ma la bellezza di essere in Arena è anche poter lavorare con tante persone e tornare a collaborare con un coro e un’orchestra di altissimo livello. Inoltre sono felice di confrontarmi con Francesco Ivan Ciampa, un direttore con cui non ho mai lavorato, ma di cui ho sentito tante cose positive: persona di cuore, come sono io.

Angela Bosetto

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