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La «prima» a Milano

Tosca alla Scala, un successo anche in tv. Parata di vip e politici

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Anna Netrebko e Luca Salsi in «Tosca» alla Scala
Anna Netrebko e Luca Salsi in «Tosca» alla Scala
SCALA

«Tosca» è la prima della Scala in assoluto più vista in tv: ieri sera la diretta su Rai1, curata da Rai cultura, è stata infatti vista da una media di 2 milioni 850 mila spettatori con uno share del 15%. Circa ottocentomila in più dell’Attila di Verdi dello scorso anno e anche della Madama Butterfly (finora record) di tre anni fa che fu vista da 2 milioni 644 mila persone. Anche la presentazione dell’opera prima dell’inizio ha fatto un risultato di tutto rispetto con 1 milione 947 mila spettatori e uno share del 14,2%, ben più del programma precedente.

 

La prima alla Scala è anche un'occasione mondana, presente il mondo della politica, delle istituzioni, dello spettacolo, con tanti vip. E fuori dal teatro le consuete proteste di lavoratori (stavolta Auchan). Mentre dentro andava in scena una straordinaria «Tosca». Oltre quindici minuti di applausi. Coinvolto nel dramma storico di Tosca dalla musica di Giacomo Puccini e da una regia con effetti cinematografici, il pubblico della Scala ha salutato con entusiasmo lo spettacolo inaugurale della stagione 2019-2020, firmato da Davide Livermore, con la direzione di Riccardo Chailly. La serata, trasmessa in diretta dalla Rai, ha visto nella Sala del Piermarini i nomi più noti della borghesia meneghina, del mondo dell’industria, della cultura, della moda, della politica, delle istituzioni, a cominciare dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, applaudito a lungo al suo apparire nel palco centrale e anche a conclusione dell’opera. Presenti anche la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, i ministri dei Beni culturali, Dario Franceschini, dell’Interno Luciana Lamorgese e dello Sport Vincenzo Spadafora oltre a Liliana Segre solo per citare alcuni dei presenti. Intensi applausi agli interpreti, sommersi da grida di ’bravi!’ e da una pioggia di fiori e coriandoli dorati: soprattutto per Anna Netrebko ( Tosca), Francesco Meli (Cavaradossi), Luca Salsi (Scarpia) che hanno riscosso un successo personale; ma anche per il coro e le voci bianche dell’Accademia scaligera diretti da Bruno Casoni e via via tutti gli altri componenti la compagnia di canto: Carlo Cigni (Angelotti), Alfonso Antoniozzi (il sagrestano), Carlo Bosi (Spoletta), Giulio Mastrototaro (Sciarrone) ed Ernesto Panariello (un carceriere). Un’ovazione ha accolto il maestro Chailly, che ha riportato al pubblico la prima versione dell’opera che Puccini presentò al Teatro Costanzi di Roma nel 1900 (e mai più rappresentata) reinserendo gli otto passaggi che il compositore aveva cancellato. Sono passaggi significativi, soprattutto quelli che sottolineano momenti drammatici, come quello in cui Tosca affonda il coltello nel ventre di Scarpia. Ma a coinvolgere il pubblico in sala è stata anche la regia molto "cinematografica", nella Roma papalina del 1800 fra riferimenti rinascimentali e del grande barocco romano. 

 

Per seguire la musica di Puccini e rappresentare un dramma di amore, sesso, odio, malvagità, inganno, che conduce a morte tutti i protagonisti, Livermore utilizza ogni strumento teatrale, i costumi (di Gianluca Falaschi), le luci (di Antonio Castro), i video (D-Wok), i contrasti di colori, ma soprattutto sfrutta la grande macchina scenica della Scala per valorizzare la scenografia di Giò Forma. Nel primo atto, la basilica di Sant’Andrea Della Valle, dove trova rifugio il patriota Angelotti, viene esplorata in ogni angolo come dalla zoomate di una macchina da presa. In realtà accade il contrario: è la scena che ruota, si sposta, viene avanti e si apre agli occhi dello spettatore, scoprendo via via l’impalcatura in cui Cavaradossi ritrae la Maddalena (’Recondita armonia…’) che si trasforma, si colora, prende vita grazie all’uso di led, poi la cappella Attavanti e infine la grande scena del Te Deum, con il coro protagonista intorno all’altare dorato sormontato da un gigantesco ostensorio. Una sola piccola pecca: un leggero ritardo d’entrata da parte di Carlo Cigni (Angelotti) dopo l’uscita di Tosca. Il secondo atto porta a Palazzo Farnese, dove Scarpia, capo della polizia, interroga Cavaradossi sul rifugio del fuggitivo Angelotti, poi Tosca. Per farla parlare le fa udire le grida del pittore torturato. La scena si alza e scopre le ’segretè, con Cavaradossi e i suoi aguzzini. Tosca esita. Il barone la circuisce, le propone un osceno baratto: sesso in cambio della vita del suo uomo. La preghiera di Tosca, ’Vissi d’arte…’, è intonata a luci spente, lei sola illuminata da un occhio di bue. Finge di accettare il patto di Scarpia e già il barone le è addosso. Pretende un lasciapassare, ma appena lui lo firma afferra un coltello e lo colpisce a morte. I quadri che arredano la stanza perdono colore, le luci si oscurano. L’atto si conclude mentre il gesto estremo di Tosca rivive in una replica immobile sul fondo della scena. Il terzo atto a Castel Sant’Angelo. Di grande effetto la scena finale tutta in bianco e nero ad eccezione di Tosca. C’è un’immensa ala spezzata su cui è proiettata l’immagine del castello. Sotto ci sono le sbarre della prigione. Cavaradossi si dispera pensando alla morte imminente (’E lucevan le stelle…’). Giunge Tosca e lo convince che la fucilazione sarebbe stata a salve. Ma il dramma si compie e quando le guardie si accorgono dell’assassinio di Scarpia, Tosca per non essere catturata si getta nel vuoto: l’intera scena sprofonda con lei. Ma anche qui, sorretta da un invisibile braccio meccanico, un’altra Tosca resta sospesa sullo sfondo e va a sparire avvolta in fasci di luce, sulle note di ’E lucevan le stelle…’. Diventerà essa stessa una stella? Scende il sipario, partono gli applausi.

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