<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">

Venditti-De Gregori come star. È un’Arena di musica e poesia

di Luca Mazzara
Big sul palco Francesco De Gregori e Antonello Venditti ieri in Arena FOTO  MARTINELLI/BRENZONI
Big sul palco Francesco De Gregori e Antonello Venditti ieri in Arena FOTO MARTINELLI/BRENZONI
VENDITTI E DE GREGORI IN ARENA (Martinelli/Brenzoni)

Un grande viaggio. Dentro l’Italia di ieri e di oggi, forse di domani. Un viaggio dentro di noi, presi per mano da due grandissimi della musica italiana e accompagnati su un altro pianeta. Dove gli effetti speciali sono le parole, dove la musica è gioia per l’anima. Venditti e De Gregori conquistano l’Arena e ricordano a tutti ancora una volta che un motivo c’è eccome se da cinquant’anni regalano canzoni meravigliose. L’anfiteatro è pieno ad aspettarli, loro quasi entrano in punta di piedi ma ci mettono poco a diventare giganti.

Si parte con «Bomba o non bomba» con cui Venditti aveva debuttato discograficamente con «Theorius Campus» ma è l’eterna «La leva calcistica della classe ’68» a far cantare tutta l’Arena: e quel «Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore» è solo una pillola della magia di una serata unica. I due si alternano nel cantare uno le canzoni dell’altro senza sovrapporsi mai in una sorta di rispetto assoluto: passando da «Modena» a «Bufalo Bill», da «La storia» a «Peppino», sono chicche che non tutti conoscono ma tutti sono rapiti da quel modo di cantare il nostro Paese: un cantare pulito che non ha bisogno di effetti speciali, la band che unisce i musicisti di ognuno è straordinaria e i suoni mai banali, con arrangiamenti nuovi ma che non stravolgono nulla del passato. Difficile non emozionarsi con «Generale», è uno dei testi più amati di sempre e dei momenti più belli di tutta la sera.

L’atmosfera si scalda, Venditti regala le immancabili «Sotto il segno dei pesci» e «Che fantastica storia è la vita» prima di un ritorno alle origini con quella «Dolce signora che bruci» dal loro album di debutto di cinquant’anni fa. Sul palco resta il “principe”: la sua «Alice» è sussurrata ma potente come poche altre canzoni, il tempo passa ma quella voce è ancora pazzesca, semplicemente pazzesca, poi «Sangue su sangue» e «Santa Lucia» corrono via e lasciano il segno. Torna Antonello per prendere per mano il pubblico dell’Arena con l’omaggio a Dalla con la sua «Canzone».

I due artisti hanno più di settant’anni e la stessa voglia di sempre: il trittico di Venditti con «Sara», «Ci vorrebbe un amico» e «Notte prima degli esami» accontenta il grande pubblico, sono pochi quelli che riescono a non cantare. Ritorna De Gregori, le canzoni arrivano una dietro l’altro, senza pause. Un brivido dietro l’altro, «La donna cannone» entra dentro e non se ne va più fuori, poi ecco «Pablo» e «Unica» prima di «Rimmel» dove se potessero canterebbero anche i gradoni. «Titanic» ancora da solo, poi il palco è solo per Antonello con «Giulio Cesare», «Alta marea» e «In questo mondo di ladri». Il duo romano si riunisce con «Sempre e sempre» e «Roma capoccia».

La scaletta è senza fine, il pubblico aspetta il prossimo brano: restano insieme ne «Il vestito del violinista», poi si torna a cantare con «Ricordati di me» e «Buonanotte fiorellino» è l’augurio più bello che ci possa essere. Viene voglia di chiudere gli occhi e iniziare sogni meravigliosi, ma per quelli c’è tempo. Perchè mancano ancora canzoni: «viva l’Italia che non muore, viva l’Italia che non ha paura, viva l’Italia tutta intera», è un invito a sperare ancora, oggi, domani, sempre. Venditti chiude con «Grazie Roma», ma questa volta è l’Arena che ringrazia. Per un’altra serata magica, magari da replicare il 5 ottobre quando i due cantautori romani torneranno a incantare Verona. •. 

Suggerimenti