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La mostra a Rovigo

Le notti di Parigi, la Belle Epoque e le mille facce di Toulouse Lautrec

di Francesco Butturini
Palazzo Roverella ospita sessanta opere dell'artista che lasciò un segno nel mondo della cultura francese di fine secolo
Le mille facce di Henri de Toulouse Lautrec. Un poster che presenta la mostra di Palazzo Roverella a Rovigo
Le mille facce di Henri de Toulouse Lautrec. Un poster che presenta la mostra di Palazzo Roverella a Rovigo
Le mille facce di Henri de Toulouse Lautrec. Un poster che presenta la mostra di Palazzo Roverella a Rovigo
Le mille facce di Henri de Toulouse Lautrec. Un poster che presenta la mostra di Palazzo Roverella a Rovigo

«Henri de Toulouse Lautrec», è il titolo della mostra primaverile che nelle ampie sale di Palazzo Roverella di Rovigo, ospita duecento opere di cui 60 di questo «maledetto» artista figlio di una delle più antiche nobili famiglie di Francia, tragicamente affetto da una malattia genetica che gli impedì il normale sviluppo delle ossa, ma che non gli impedì da giovanissimo - era nato ad Albi nel 1864 e morì a Malromè nel 1901 -, sostenuto dai genitori, di dedicarsi alla pittura, al disegno e alla grafica.

Nobile, scelse il bordelli e, soprattutto, i cabaret della collina di Montmartre (allora da poco inglobata nel comune di Parigi): Le Chat Noir, Le Moulin Rouge, Pigalle ecc... Come annota lo studioso Nicholas Zmelty, uno storico il cui fondamentale saggio potrete leggere nel corposo catalogo - edito da Dario Cimorelli che è anche il produttore della mostra -: «piccolo, laido, storpio, alcolizzato (tossicomane per l’uso costante dell’assenzio), depravato, sarcastico ed erotomane…».

Belle Époque

Eppure … senza quest’omino disperato, quella che tutto il mondo chiama la Belle Époque, forse non sarebbe mai esistita. Erano i tre decenni dal 1880 all’inizio della prima guerra mondiale, in cui per gli artisti di tutti i generi (pittori, musicisti, scrittori, giornalisti, ricchi vagabondi) quella collina sembrava il centro del mondo: su quella cima di collina che domina Parigi, e negli abissi delle paure, in misticismi oscuri e in immensi squarci di luminosa luce.

È difficile, oggi, a distanza di quasi un secolo e mezzo, aver voglia di respirare un mondo così lontano dai desideri che oggi accomunano tutte le generazioni e tutte le nazioni. Però da questa splendida mostra curata da Jean-David Jumeau-Lafond, Francesco Parisi e Fanny Girard - direttrice del Museo Toulouse Lautrec di Albi - un insegnamento ci viene, ricordando che da quei decenni e da quei protagonisti deriva la nostra storia. Della ricerca artistica moderna e più innovativa. Inoltre che due di essi, Henri de Toulouse Lautrec e Marcel Proust (che non si incontrarono mai pur frequentando entrambi gli stessi cabaret e gli stessi ambienti: quindi anch’essi promotori della Belle Epoque) sono i fari – come li definiva Charles Baudelaire - verso cui fino ad oggi si dirigono tutti coloro che fanno ricerca artistica.

Le sezioni della mostra

Ecco dunque la mostra scandita (come uno spartito musicale perché fra quegli artisti i musicisti erano tanti: ad es. Debussy) in undici sezioni:

  1. Paris, la ville spectacle;
  2. La formazione di un artista;
  3. Les peintres du petit boulevard;
  4. sur la scène;
  5. I paradisi artificiali;
  6. L’invenzione del cabaret artistico: Le Chat Noir;
  7. Les arts incohèrents: una rivoluzione gioiosa;
  8. Elles (sono le donne dei cabaret);
  9. Gli amici letterati e artisti;
  10. I muri agli artisti (dove le affiches venivano incollate;
  11. La rivoluzione grafica. Una scansione in cui le sessanta opere del Nostro - 32 affiches: oggi potremmo chiamare queste litografie manifesti pubblicitari di eventi dalle mostre agli spettacoli di danza e canto - e 28 oli spesso dipinti su cartoni o disegni tracciati proprio dove capita capita.

In quest’ultima undicesima sezione, infatti, potrete ammirare la rivoluzionaria inventiva del Nostro sedici delle sessanta opere: La Revue blanche, Le missionaire, Aux Ambassadeurs, la pubblicità per il programma teatrale di Emile Fabre: L’Argent, Napoléon I° à cheval, Marcelle, L’Escarmouche, pubblicità di un giornale illustrato. E ancora: Reine de joie, Le Salon des Cent.Exposition internationale d’affiches e, credo le due più famose afiches: Ambassadeurs: Aristide Bruant dans son cabaret, Jane Avril la «sua soubrette».

Le pitture

E le pitture: Madame Berthe Bady, Studi di nudo, sono due i più significativi oli che si accompagnano ad alcuni ritratti. Acconto i luminosi paesaggi di Albert Dubois - Pillet come «La Senna a Bercy», «L’attesa» di Zandomeneghi, il ritratto di La Goule di Louis Anquestin, «Il caffè concerto» di Louis Abel Truchet. Mi fermo qui, però vorrei invitare veramente tutti a visitare questa grandiosa mostra che Dario Cimorelli, editore del catalogo, ma anche coraggioso produttore dell’evento, ci offre una città di provincia, non lontana da noi che, tempo permettendo, si raggiunge in automobile in poco più di un’ora. La mostra chiuderà il 30 giugno.

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