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ritratti

Licia Colò: «La natura va raccontata senza fretta. Da Costanzo ho imparato ad ascoltare. A mia figlia insegno che l’amore vince»

di Gian Paolo Laffranchi
Intervista con la conduttrice, autrice, scrittrice e blogger veronese
Volto noto dall’83 Veronese di nascita e romana adottiva, Licia Colò debuttò in tv da annunciatrice
Volto noto dall’83 Veronese di nascita e romana adottiva, Licia Colò debuttò in tv da annunciatrice
Volto noto dall’83 Veronese di nascita e romana adottiva, Licia Colò debuttò in tv da annunciatrice
Volto noto dall’83 Veronese di nascita e romana adottiva, Licia Colò debuttò in tv da annunciatrice

Mai ferma. Alla ricerca costante dell’essenza dell’esistenza, che ha scoperto annidarsi nella natura - e dove sennò? Autrice, presentatrice, scrittrice, intervistatrice, viaggiatrice, Licia Colò accompagna da tempo chi equipara la curiosità al desiderio di approfondimento. L’Arca di Noè, Geo&Geo, King Kong, Il pianeta delle Meraviglie, Alle falde del Kilimangiaro, Niagara...

Da Canale 5 alla Rai, ma anche su Tv2000 con Il mondo insieme e su La7 con Eden: giusto alcune delle tappe di un percorso cominciato più di quarant’anni fa senza porsi traguardi né limiti. Il volo sconfinato della figlia di un pilota dell’Alitalia.

Un mese fa planava a Galliate per dialogare con Tiziano Ronchi, docente bresciano e scultore giramondo.
Abbiamo parlato di arte e di viaggio. Un incontro molto gradevole, con Tiziano e con la fondazione Apri Le Braccia per cui si è adoperato. Ho conosciuto persone eccezionali, coinvolgenti, che conquistano per entusiasmo e generosità. Tiziano è un artista sensibile, una persona attenta a quello che succede intorno a noi. Ha parlato delle sue esperienze. Un piacere ascoltare persone così. La natura va raccontata senza fretta.

La passione per il mondo che ci circonda le deriva dai genitori: questione di Dna?
Sì, è nel codice genetico. Mia madre Marta e mio padre Giancarlo non mi hanno impartito lezioni salendo in cattedra: un genitore può crescere figli in modo eccezionale anche senza esserci sempre, perché alla fine più di mille parole contano gli esempi. Chi ti osserva impara da quello che fai, da quello che dici. Grazie ai miei genitori sono cresciuta a contatto con la natura, fin da piccola ho imparato a rispettare gli animali, avevamo una casetta per le briciole da dare agli uccelli, cani e gatti. È una sensibilità complessiva che si forma, solo le persone ignoranti credono che si possa essere attenti agli animali e non agli esseri umani, chi è dotato di umanità non può che amare tutti gli esseri viventi. Quando leggo di atti violenti nei confronti degli animali rabbrividisco.

Nata a Bussolengo, trapiantata a Roma all’età di 7 anni: com’è stata la sua infanzia?
Mia mamma ha partorito a Bussolengo, ma i miei primi ricordi sono a Villafranca. Mio papà era nell’aeronautica militare, rivedo i piloti, il villaggio azzurro. Conservo tuttora un legame bello, sereno, con la città di Verona. I miei nonni veronesi sono stati come dei secondi genitori per me. Non mi hanno viziato, ma educato con la giusta severità, dedicandomi molto tempo.

Stella televisiva dopo (e grazie a) una lunga gavetta. Paolo Bonolis, Maurizio Costanzo, Gianmarco Tognazzi: nei primi anni di carriera quale incontro ha lasciato di più il segno?
Sicuramente quello con Costanzo. Quando ho cominciato ero molto giovane, avevo 24 anni. Dopo gli esordi nella tv dei ragazzi con Bim Bum Bam è stato Costanzo a chiamarmi per un ruolo minore, ma pur sempre da conduttrice, a Buona Domenica. Gestivo le mie interviste da sola.

Ha intervistato anche Cindy Lauper.
Mi tremavano le gambe. Un carattere non semplice... «Licia, tu devi imparare ad ascoltare le persone», l’insegnamento di Costanzo. Non l’ho mai dimenticato. Non ero sulla lunghezza d’onda di autori che prevedevano una scaletta di domande precise: puoi avere un canovaccio, ma devi saper variare in base all’interlocutore, ascoltando le sue parole.

L’arca di Noé è stata il primo punto di svolta?
Direi la prima opportunità di esprimere la mia passione per la natura e per i viaggi. In precedenza Pippo Baudo, gran professionista e persona squisita, mi aveva chiamato per affidarmi uno spazio domenicale dedicato ai giovani al fianco di Gianmarco Tognazzi, Fans Club: un onore, ma il programma non mi rappresentava. Nel 1989 ho iniziato a condurre L’Arca di Noé su Canale 5, dopo 6 edizioni mi pareva di non avere chance di crescita e la Rai mi ha proposto Geo & Geo, una nuova, stimolante avventura. Non sempre nella vita i sogni si realizzano: in quel caso per me è stato così, posso dire di esser stata fortunata.

A Bienno La conduttrice su un calesse per «Kilimangiaro»
A Bienno La conduttrice su un calesse per «Kilimangiaro»

Da allora ha condotto tante trasmissioni, fondato il quotidiano online Animali e Animali, scritto libri, vinto il Premio Nazionale Alghero Donna di Letteratura e Giornalismo, un Telegatto e due volte il Premio Flaiano: è stato questo il riconoscimento più prestigioso?
Una grandissima soddisfazione, sinceramente, conquistarlo a distanza di tempo, prima per L’Arca di Noé e poi per Eden. Ne vado fiera. L’altro giorno alla stazione di Verona una signora dieci anni più giovane di me non smetteva di parlare e mi raccontava con tanto entusiasmo di aver scelto di lavorare nel Corpo Forestale dello Stato per la stima nei miei confronti. «L’ho sempre seguita», mi diceva. Non è raro che mi dicano cose del genere, e mi rende felice: se sono riuscita a trasmettere il mio amore per l’ambiente, cosa potrei desiderare di più?

Cosa abbiamo imparato dalla pandemia?
Poco, anzi nulla. Siamo tornati come prima, anzi peggio perché se sei ignorante sei più giustificato di un laureato: dopo aver vissuto il tempo del Covid avremmo dovuto imparare ad aiutarci e volerci bene, invece ci ritroviamo in mezzo a tante di quelle guerre! Siamo peggiorati, e parecchio.[

Cosa vuole insegnare a sua figlia Liala?
È una persona sensibile: vorrei tanto che capisse che niente vale più dell’amore, inteso come sentimento che puoi provare anche per una pianta che cresce. Mia figlia quando vede una vecchietta che non ce la fa a camminare per un peso che porta, la spesa o altro, si avvicina ad aiutarla. Poi vabbè, di questi tempi la vecchietta magari si spaventa perché pensa che la vogliano scippare. L’amore vince su tutto anche se ultimamente non ne vedo tanto intorno a noi, fa paura quello che succede ogni giorno. Non dobbiamo abituarci alla morte: sono in sciopero da tg, non sopporto più certe brutture.

Le relazioni con Nicola Pietrangeli e Carlo Brotto, il matrimonio con Alessandro Antonino da cui è nata sua figlia: storie d’amore che finiscono, buoni rapporti che rimangono. Dimostra così di preferire la luce alla rabbia, come in passato ha detto di voler fare nella vita?
Sì. Noi siamo quello che abbiamo vissuto. Come si fa a dimenticare quello che è stato? Non capisco chi litiga e insulta quando una storia finisce. Un giorno mio padre disse a un amico divorziato come lui che diceva peste e corna della sua ex: «Ricordati che parli della madre dei tuoi figli». È come rinnegare noi stessi, dimenticare l’amore che siamo stati.+

Da amante della natura, come si rilassa?
Mi piace fare giardinaggio, tagliare l’erba del giardino. Anche se ho un metro quadrato di verde, mi siedo nel mezzo e provo a immaginarlo più bello. È la mia tela di Penelope. Nella casa di mio padre c’era un albero di non so quanti anni: del tronco era rimasto lo spessore di un centimetro, tutto il resto era marcito. Ogni anno quel ramo salvato dava prugne, l’avevo puntellato come una tenda con 4, 5 bastoni attorno per farlo restare in piedi e a primavera aveva cominciato a rinverdirsi tutto. Lo ha stroncato una tromba d’aria, non c’era più niente da fare. Ma finché ho potuto ho lottato per tenerlo in vita.

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