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«Fuocoammare
fa discutere
anche in America»

Samuele, protagonista di «Fuocoammare» di Rosi
Samuele, protagonista di «Fuocoammare» di Rosi
Samuele, protagonista di «Fuocoammare» di Rosi
Samuele, protagonista di «Fuocoammare» di Rosi

«È una storia che vive anche fuori dal cinema e dal fotogramma, è una storia che viene spinta anche dalla politica e so bene che un film non può cambiare la storia, ma aiutare chi lo guarda a formarsi un’opinione sì, e vorrei che il pubblico americano dopo avere visto “Fuocoammare“ si ponesse alcune domande, tra cui: cosa posso fare io?».

Un auspicio non da poco quello di Gianfranco Rosi che alla conferenza stampa di presentazione della dodicesima edizione del «Cinema Italian Style», dedicato a Dino Risi e che vedrà la proiezione di diversi film italiani, tra cui appunto «Fuocoammare», selezionato per l’Italia alla corsa per la nomination agli Oscar, che aprirà la rassegna all’Egyptian Theatre nel cuore di Hollywood, ha raccontato le sue aspettative e spiegato il percorso che il suo film sta compiendo in vista della selezioni pre-Oscar.

Una vetrina, promossa da Istituto Luce Cinecittà e American Cinemateque, in collaborazione con il Consolato generale d’Italia a Los Angeles, l’Italian Trade Agency e L’lstituto italiano di Cultura a Los Angeles, diventata ormai appuntamento fisso e che, come ogni anno, permetterà anche al pubblico americano di avere un quadro quasi completo dell’eccellenza cinematografica italiana.

«Fuocoammare» potrebbe essere nominato all’Oscar sia nella categoria migliore film straniero che in quella migliore documentario.

«Non mi aspettavo che sarebbe stata una corsa così lunga e faticosa», ha detto Gianfranco Rosi, «e da un paio di mesi a questa parte è come se ogni giorno fossi andato al mio matrimonio. Sono felice, perché parlo di questo film, ma c’è anche la tensione, la tantissima gente da incontrare, le rassegne, i dibattiti, le infinite proiezioni e non mi aspettavo che sarebbe stato così complesso, con così tante fasi».

«Stiamo lavorando molto duro», prosegue il regista, «ma ho visto almeno otto o nove documentari fantastici, per non parlare poi dei film in lingua originale, che sono tantissimi e molti straordinari. È una corsa che va affrontata un passo alla volta: se si guarda troppo in avanti, si rischia di bloccarsi.»

«Fuocoammare» nelle proiezioni a New York ha ottenuto un buon successo ed è ancora in sala dopo due mesi, nonostante, o forse grazie, all’argomento drammatico di cui tratta, mai così di attualità in America.

«La politica spinge questo film, o meglio, spinge questa storia fuori dal cinema e fa sì che ci sia un dibattito più esteso. È una occasione per informare il pubblico sui migranti, permettere al pubblico di essere coscienti di un fenomeno drammatico, e su quanto sia inaccettabile morire così in un viaggio verso la libertà. Costruire muri non ha mai aiutato nella storia e ora c’è un nuovo presidente che dice di volerne costruire uno, ma il pubblico americano mi ha dato una risposta davvero straordinaria, ponendosi domande fatidiche: da che parte sto? Cosa posso farci?».

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