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ANNIVERSARIO

Sigourney Weaver, i 70 anni dell’eroina di «Alien»

Sigourney Weaver in una scena di «Alien»
Sigourney Weaver in una scena di «Alien»
Sigourney Weaver

Nonostante sia al lavoro sul terzo capitolo di «Ghostbusters» (serie a cui ha già partecipato nel 1984 e nel 1989) e sui quattro sequel di «Avatar» (2009), la fama della star settantenne Sigourney Weaver rimarrà sempre indissolubilmente legata a un’altra saga fantascientifica: quella di «Alien», che l’ha consacrata icona femminista ed eroina indiscussa degli anni Ottanta e Novanta grazie al personaggio di Ellen Ripley, l’unica capace di combattere e sconfiggere il mostruoso Xenomorfo. Nata l’8 ottobre 1949 a New York in una famiglia di «addetti ai lavori» (il padre era un dirigente della NBC e la madre un’attrice), Susan Alexandra Weaver cambia a tredici anni il proprio nome in Sigourney (scelto dal romanzo «Il grande Gatsby» di Francis Scott Fitzgerald, in cui la zia di Jordan Baker si chiama appunto Sigourney Howard) perché stufa di essere chiamata Susie e, dopo la laurea in letteratura inglese all’Università di Stanford, si reca a Yale per studiare teatro, ambito in cui muove i primi passi come attrice. Appare in «Io e Annie» di Woody Allen (1977), ma la sua statura (1,82 m) sembra rappresentare un ostacolo non indifferente nella ricerca di ruoli più importanti. Tutto cambia nel 1979, quando il regista Ridley Scott, intenzionato a rovesciare ogni stereotipo per sorprendere il pubblico, decide che il protagonista del suo capolavoro «Alien», ossia il terzo ufficiale Ripley (personaggio maschile nel soggetto iniziale), deve essere una donna e trova l’interprete ideale proprio in quella sconosciuta trentenne alta, atletica e determinata. L’impatto è tale che la Weaver torna tre volte a fronteggiare l’incubo venuto dallo spazio in «Aliens – Scontro finale» (1986, che le vale la prima nomination all’Oscar), «Alien³» (1992) e «Alien – La clonazione» (1997). Nel 1988 corre contemporaneamente per ben due statuette (miglior attrice protagonista per il dramma biografico «Gorilla nella nebbia» e miglior non protagonista per la commedia «Una donna in carriera») e, anche se non vince l’Oscar, dimostra la propria duttilità recitativa tanto nel registro serio quanto in quello brillante. Sebbene sia stata diretta da autori quali Peter Weir («Un anno vissuto pericolosamente», 1982), Roman Polański («La morte e la fanciulla»,1994) e Ang Lee («Tempesta di ghiaccio», 1997), i generi in cui i registi fanno ancora a gara per chiamarla restano, non a caso, l’action e il fantasy. •

Angela Bosetto

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