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Quando a Venezia nacque il «mito» di Marlon Brando

Marlon Brando e Vivien Leigh
Marlon Brando e Vivien Leigh
Marlon Brando e Vivien Leigh
Marlon Brando e Vivien Leigh

Il mito mediatico di Marlon Brando nacque settant’anni fa a Venezia, quando, il 9 settembre 1951, la 12° Mostra del cinema proiettò per la prima volta «Un tram che si chiama Desiderio» di Elia Kazan, basato sull’omonimo - e all’epoca scandaloso - dramma di Tennessee Williams, che curò personalmente la sceneggiatura. In un’edizione della Mostra gremita di film memorabili (da «Rashomon» di Akira Kurosawa a «L’asso nella manica» di Billy Wilder, da «Il diario di un curato di campagna» di Robert Bresson a «Il fiume» di Jean Renoir) la pellicola riuscì a portarsi a casa ben due premi chiave: il Leone d’argento a Kazan e la Coppa Volpi come miglior attrice a Vivien Leigh, che a teatro a Londra aveva impersonato l’ipersensibile, alcolizzata e nevrotica Blanche Du Bois. Gli altri tre interpreti principali, ossia Kim Hunter (Stella, la sorella di Blanche), Marlon Brando (Stanley Kowalski, il marito di Stella, tanto rozzo quanto sensuale) e Karl Malden (il mite Mitch, amico di Stanley attratto da Blanche), provenivano direttamente dal cast originale di Broadway. Solo Jessica Tandy, la prima attrice in assoluto a vestire i panni di Blanche, non era stata scritturata in quanto «non abbastanza nota al grande pubblico». Anche il semisconosciuto Brando aveva rischiato di essere sostituito con qualche giovane divo già affermato (come John Garfield o Burt Lancaster), ma la Leigh, vistolo a teatro, lo aveva raccomandato caldamente. Osteggiato dalla censura ma amato dal pubblico il film ottenne dodici nomination all’Oscar, ma solo la Leigh, Malden, la Hunter e la scenografia di Richard Day e George James Hopkins si portarono a casa la statuetta. Rimasero a mani vuote Kazan, Williams e soprattutto Brando, che perse contro il veterano Humphrey Bogart. Poco male: l’innovativo modo di recitare (definito dalla stampa «la cosa più rivoluzionaria approdata a Hollywood dopo l’avvento del sonoro») e il rude sex appeal di Marlon bucarono lo schermo. Così la sua carriera decollò come un razzo e il suo stile (jeans e t-shirt) venne copiato dai ragazzi di tutto il mondo, anche a costo di lavare la maglietta decine di volte per farla restringere, dato che la taglia aderente in quel periodo non era neppure in commercio. A.B.

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