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Visto per voi al teatro Romano

Paolo Rossi: «Qui come al Globe
Shakespeare parla di attualità»

Paolo Rossi al Teatro Romano (Brenzoni)
Paolo Rossi al Teatro Romano (Brenzoni)
Intervista a Paolo Rossi

Riccardo III, prima di tutto. Che è una sua «lunga fedeltà». Ma anche Amleto e Falstaff, oltre agli immancabili Giulietta e Romeo, e agli amatissimi buffoni. Insomma, una carrellata dentro e attraverso Shakespeare per rileggerlo e raccontarlo a modo suo, con magia, fantasia, rigore filologico e insieme spericolata attualizzazione.

 

Ecco l’affabulare incantatorio di Paolo Rossi, che ieri sera ha debuttato al teatro Romano con «Stand Up Shakespeare», portando in scena i più noti personaggi del Bardo tra prosa e musica. Sul palco insieme all’attore, infatti, la Anciens Prodiges Band, con Emanuele Dell'Aquila alla chitarra e Alex Orciari al contrabbasso. Lo spettacolo, coprodotto da Teatro Stabile del Veneto e Teatro Stabile di Bolzano, ha inaugurato il Festival Shakespeariano della 72ᵃ Estate Teatrale Veronese.

 

La rassegna è realizzata dal Comune di Verona, in collaborazione con Arteven. «Questo è un teatro totale: ogni sera, quando vado in scena, non so quali personaggi porterò con me sul palco, non ci sono ruoli fissi, il regista è in scena con l’attore e si gioca improvvisando, e soprattutto senza quarta parete», racconta Paolo Rossi, che incontriamo al Romano poco prima che salga sul palco. «E del resto al Globe credo che questa tecnica fosse molto praticata: un altro esempio del profondo legame tra antico e moderno».

 

Quanto alla sua presenza a Verona, Rossi ricorda che «in questa città sono venuto tante volte e non solo per il teatro. Avevo infatti una relazione sentimentale proprio qui, nella città di Giulietta e Romeo. Essere al Romano poi è stupendo, l’Italia è una terra di grandi bellezze e del mio lavoro amo anche proprio questo carattere nomade che ci porta a vedere e conoscere tanti luoghi differenti, ricco di diversa umanità».

 

In questo periodo, dalla fine del lockdown, Paolo Rossi sta lavorando con il Teatro Stabile di Bolzano. Il primo lavoro andato in scena di un progetto unitario che include anche il monologo di ieri sera è stato «Pane e libertà».

 

«Si tratta di un lavoro che, unendo stand-up comedy, commedia dell’arte e commedia greca, diventa il prototipo di un modo di un modo diverso di fare teatro», spiega ancora Rossi. «Un progetto che vuole essere un’azione teatrale ad alta valenza sociale. Giocando con l’illusione di mettermi sul palco sia come attore, sia come personaggio e come persona, rievoco i miei sogni lucidi, fatti di storie che aiutano a resistere, a scegliere tra il pane e la libertà, o a non scegliere proprio. Sono storie di artisti che per fortuna ho realmente incontrato nella mia vita. I maestri Jannacci, Gaber, De André, Fo e persino il fantasma della Callas; i comici del Derby e altri sconosciuti. Vorrei fare qualcosa che dia al mio essere chiamato comico una via di fuga verso un teatro sociale, nella poesia del buffo e della magia. Mi piace pensare di essere un contastorie, più che un cantastorie, accompagnato dalla musica dei miei artisti che ormai sono attori più che musicisti, ammesso che valgano queste categorie. Il mio è da sempre e sempre più un rapporto teatrale o cinematografico con la musica. Mi piace pensare di poter mostrare l’interzona, quello che in teatro non si vede ma che è l’essenza stessa del teatro. Portare in scena le prove dello spettacolo e le divagazioni che gli stanno intorno: cioè l’atto creativo».

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