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IL CONCERTO

Niccolò Fabi in Arena: «La tappa più importante della mia carriera»

Il cantautore romano regala un live indimenticabile e due ore di «carezze» rivolte ai suoi fan
Nicolò Fabi: in Arena è stata magia (Brenzoni)
Nicolò Fabi: in Arena è stata magia (Brenzoni)
Fabi in Arena (Vincenzi)

In una culla Niccolò Fabi ha cantato e raccontato la sua storia. L’Arena, l’altra sera, era un’enorme stanza con le luci soffuse mentre un papà, un marito o un amante sussurrava parole delicate. La prima volta da solo di Fabi all’anfiteatro scaligero è stata una carezza. Una notte di quelle leggere e tiepide che vorresti non finissero mai. Un po’ perché l’estate sta chiudendo le porte, un po’ perché l’atmosfera che il cantautore romano riesce a creare ti resta addosso anche quando il concerto è finito e davanti ti si apre piazza Bra caotica (e la vita di tutti i giorni).

Due ore di «carezze»

Quella sensazione calda e rassicurante rimane dentro come fosse un incantesimo. Fabi in oltre due ore condensa passato, presente e pure futuro. A chiudere la sua prima volta è Di aratro e di arena, un inedito. È l’ultima canzone, ma bisogna partire proprio da quella: «È rimasta nel cassetto per tanto tempo, non ha mai trovato posto. Nasce dal mio segno astrologico, il toro». Un esordio speciale per il brano che sarà contenuto nel nuovo disco - uscirà il 2 dicembre - Meno per meno. L’Arena, forse, per Fabi è il posto meno adatto, parole sue. In realtà è il coronamento, o meglio la tappa più importante della sua carriera. Di un cantante che ha fatto del suo «silenziosamente costruire» l’arte della magia.

«La prima volta che ho pensato che sarei davvero venuto in Arena», racconta Fabi davanti alla sua gente, «è stato poco tempo fa. Non ho mai avuto il debole per la grandezza, mi sono sempre trovato bene nel piccolo. Nel minimo riesco a percepire i dettagli». L’Arena, potesse, lo abbraccerebbe.

Il pubblico gli vuole bene

Il pubblico vuole un bene viscerale a Niccolò. Un rapporto di dolcezza che va dai gradoni al palco e viceversa. All’inizio Fabi è da solo sotto i riflettori, attorno un cerchio illuminato (il suo mondo?) e sul palco ha solamente la sua compagna, la chitarra. Nient’altro. Il mio stato, una somma di piccole cose e È non è sono i primi tocchi che scaldano l’anima.

Fabi parla, si apre. Si sfoga nel suo stile calmo e pieno di vita. «Le complicazioni e i disagi dell’esistenza possono essere raccontati agli altri. Agli inizi avevo vissuto uno scollamento tra me e la realtà, il mio personaggio si è creato con Sanremo, ma il disco “Sereno ad ovest” è stato quello più sfortunato e io vorrei partire proprio da lì».

La verità di Fabi è che l’arte lo ha salvato, ma c’è un altro aspetto salvifico nella sua vita: «Viaggiare, quello ti aiuta a non mollare. Serve allontanarsi dalle sicurezze e confrontarsi». Vince chi molla («la mia canzone più significativa», dice), Facciamo finta e poi Il negozio di antiquariato. A quel punto sale sul palco l’orchestra diretta dal maestro Enrico Melozzi. Con loro Fabi suona Andare oltre, Costruire, Una buona idea e Lasciarsi un giorno a Roma. Prima della fine, della canzone nuova e della magia che ti resta davvero addosso.

Nicolò Vincenzi

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