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Mito Callas, 70 anni fa in Arena
il debutto con «La Gioconda»

Maria Callas sul palco dell’Arena nel 1947 nella «Gioconda» di Ponchielli
Maria Callas sul palco dell’Arena nel 1947 nella «Gioconda» di Ponchielli
Maria Callas sul palco dell’Arena nel 1947 nella «Gioconda» di Ponchielli
Maria Callas sul palco dell’Arena nel 1947 nella «Gioconda» di Ponchielli

In oltre un secolo di Festival Lirico, tante giovani cantanti si sono esibite in Arena alla ricerca, se non della consacrazione, almeno della famosa opportunità in grado di rivoluzionare un’intera carriera. Ma la ragazza che settant’anni fa salì sul palco il 2 agosto 1947, come protagonista de «La Gioconda» di Amilcare Ponchielli, era diversa da tutte le altre perché lei la storia era destinata a farla. Si chiamava Maria Callas e, nonostante il passaparola fra gli addetti ai lavori circa le sue magnifiche doti vocali, per il grande pubblico era ancora un’illustre sconosciuta (nata a New York il 2 dicembre 1923 da genitori greci), il cui nome completo era Anna Maria Cecilia Sophia Kalos (da Kalogeropoulos).

A segnalarla al direttore artistico Giovanni Zenatello (alla ricerca di un’alternativa meno costosa al soprano Herva Nelli, che pare avesse preteso un cachet stellare) fu il basso Nicola Rossi Lemeni, già scritturato nella «Gioconda» areniana come Alvise Badoero. Zenatello le fece un’audizione in America e quindi le offrì l’opportunità di esibirsi a Verona, ma (va detto) con un contratto capestro: quarantamila lire a recita senza alcuno sgravio fiscale o rimborso per le spese di viaggio e alloggio. Maria aveva ventitré anni e nulla da perdere: accettò di imbarcarsi per l’Italia e di affidare il proprio destino all’Arena. Una volta giunta a Verona e intervistata da Renato Ravazzin per «Il Gazzettino», affermò: «La vostra Arena, così maestosa, ed accogliente, mi era sempre apparsa come in un paesaggio di sogno, popolata di un pubblico festoso. Quando la vidi giorni fa per la prima volta, mi prese una sincera emozione.» Nessuna lamentela sugli svantaggi economici, né sul lungo e difficile viaggio, anzi: «Ora che ho conosciuto l’Italia non ho che un desiderio: quello di poter rimanere a cantare nei vostri teatri, davanti al vostro pubblico, che già sento vicino, sotto il vostro cielo, nella vostra Arena».

Oltre alla Callas e a Rossi Lemeni, il cast della «Gioconda» era composto da Richard Tucker (Enzo Grimaldo, anche lui al debutto areniano), Elena Nicolai (Laura Adorno), Anna Maria Canali (la cieca) e Carlo Tagliabue (Barnaba). Dirigeva il Maestro Tullio Serafin, mentre la regia era di Augusto Cardi: fu un successo. Come ricorda il musicologo Giancarlo Landini, la sera del 2 e del 3 agosto 1947, il pubblico dell’Arena ottenne due doni: «da un lato le gioie del canto purissimo, dall’altro l’incontro con un’artista assoluta destinata a trasformarsi in mito.» Grazie all’opera di Ponchielli, la Callas non solo stabilì un rapporto privilegiato con gli spettatori veronesi, ma conobbe anche l’industriale e appassionato melomane Giovanni Battista Meneghini, suo futuro marito.

Prima del 1947, «La Gioconda» era già approdata in Arena nel 1925 e nel 1934 (l’anno d’oro di Beniamino Gigli, esibitosi sia nel ruolo di Ezio, sia in quello di Andrea Chénier) e poi sarebbe stata proposta altre sette volte (l’ultima nel 2005 con allestimento di Pier Luigi Pizzi), ma da quel momento rimase collegata a Maria Callas, che scelse proprio Gioconda (insieme a Violetta Valéry) per il suo trionfale ritorno areniano del 1952. Allora i cartelloni la accreditarono come Maria Meneghini Callas, ma per i veronesi lei sarebbe rimasta sempre, semplicemente e affettuosamente, «La Maria».

Angela Bosetto

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