Una coppia di fratelli registi alla quale si sono sempre sentiti legati da «un doppio filo umano e professionale, un legame molto forte». Molto più giovani dei fratelli Taviani (hanno l’età dei loro figli) Marco e Antonio Manetti, ovvero i Manetti Bros che hanno da poco trionfato ai David con il loro Ammore e Malavita, commentano commossi la scomparsa di Vittorio Taviani. «Siamo molto addolorati, nostro padre Pierluigi (artista e scenografo scomparso anche lui di recente, ndr) era nato come loro a San Miniato ed era anzi loro vicino di casa, vivevano praticamente di fronte», racconta Marco. «È stato loro compagno di infanzia e di giochi, soprattutto del terzo fratello, Franco, che era un po’ più piccolo. Poi noi ci siamo ritrovati a Roma compagni di scuola di Valentina, figlia di Paolo; ci frequentavamo nelle rispettive case, vedevamo insieme i film. Oggi siamo addolorati, con la scomparsa di Vittorio, se ne va un pezzo di vita». Marco racconta, Antonio a distanza aggiunge, conferma, completa, un po’ come facevano sempre i grandi Vittorio e Paolo «Negli anni ci siamo visti un po’ meno ma siamo sempre rimasti in contatto, ci telefonavamo e spesso scherzavamo sul fatto che da quella strada di San Miniato fossero uscite due coppie di registi fratelli», sorride Marco. Tanti i film amati e sopratutto il primo, Un uomo da bruciare, «Perchè nostro padre, pur non essendo un attore, ci recita e fa anche una parte piuttosto importante. Abbiamo ancora una sua gigantografia dal film. Successivamente ha fatto per loro un piccolo ruolo anche ne I sovversivi». Poi c’è il grande Padre Padrone, per i giovani Manetti un riferimento fondamentale: «Quando è uscito eravamo alle elementari, mi ricordo i manifesti per strada- dice Marco, che ha due anni più di Antonio - È il primo film che abbiamo visto già da piccoli appassionati da cinema».