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le tappe nella nostra città

Quando Fonzie vinse il premio 12 Apostoli. E volle ritirarlo di persona: «Vengo io a Verona»

L’amicizia Henry Winkler ed Antonio Gioco: si conobbero per il Premio 12 Apostoli e sono rimasti amici
L’amicizia Henry Winkler ed Antonio Gioco: si conobbero per il Premio 12 Apostoli e sono rimasti amici
Ricordi di Happy Days, i protagonisti a Verona

Impantanata in Vietnam, da dove aveva trovato il modo di uscire firmando gli Accordi di Parigi del 27 gennaio del 1973, e messa alle strette dalla contestazione giovanile, l’America era nel bel mezzo della bufera del Watergate che avrebbe travolto il presidente Nixon. Forse fu proprio quell’aria assai pesante che spinse lo sceneggiatore Garry Marshall a portare nelle case degli americani una ventata di leggerezza.

Mezzo secolo fa, era il 15 gennaio del 1974, la Abc mandò così in onda il primo episodio di Happy Days, cartolina di un’America spensierata che a cavallo tra la fine degli anni ’50 e inizio ’60 si muoveva con la brillantina in testa a passi di rock ’n roll tra college, diner e drive in. Fu un successo.

In Italia, e pure qui l’aria non era per nulla leggera tra la crisi economica che mordeva e la scure del terrorismo, sbarcò a dicembre del 1977 e più che un successo, fu un autentico ciclone che raggiunse picchi da 13 milioni di spettatori.

Conoscemmo Milwaukee, la famiglia Cunnigham, Richie, Potsie e Ralph, «Sottiletta», la Loggia del Leopardo, ma soprattutto lui, Fonzie, all’anagrafe Arthur Fonzarelli, meccanico con aria da bullo, ma duro dal cuore tenero. T-shirt bianca sotto il giubbotto di pelle nera, jeans e stivaletti, il ciuffo scolpito: qualsiasi problema lo risolveva in uno scrocchio di dita e col pollice alzato.

Da Arnold’s, dove il bagno era il suo «ufficio», con un magico pugnetto faceva uscire il rock ’n roll dal juke box; una sola cosa non gli riusciva di fare, dire «ho sbagliato» o «scusa», troppo per un infallibile come lui. I ragazzini italiani impararono ad alzare il pollice e a dire «hey» e «wow», le 19.20 sulla Rete Uno della Rai erano un appuntamento imperdibile.

Il legame di Fonzie con Verona

All’icona Fonzie, interpretato dall’attore newyorkese Henry Winkler, a Milwaukee hanno eretto persino una statua in bronzo, ma un forte legame Winkler ce l’ha pure con Verona, e in particolare con la famiglia Gioco dai tempi in cui frequentava il ristorante 12 Apostoli: «Con Henry ci vogliamo bene e ogni tanto ci sentiamo con grande piacere. A gennaio del 2007 lui era ospite da Fazio alla trasmissione della domenica sera Che Tempo Che Fa - racconta Antonio Gioco -. Henry fermò l'intervista con Fazio dicendo: «Se vi trovate nel nord Italia e siete al volante, dirigetevi a Verona al 12 Apostoli. Lì c'è la mia famiglia italiana che si chiama Gioco».

«Con il prezioso aiuto di Giuseppe Ganelli, medico radiologo all'ospedale di Codogno, nonché il più grande custode al mondo di una incredibile collezione di oggetti legati a Happy Days, lo accogliemmo in un 12 Apostoli completamente dedicato a lui - prosegue -; una moto Triumph in sala vicino a un jukebox degli anni ’50, le etichette delle bottiglie di vino targate HAPPYWINE con immagini diverse di scene televisive. Una grande freccia con scritto UFFICIO che indicava le toilette. Le tute da meccanico di moto appese qua e là, a ricordare il lavoro di Fonzie. Insomma, ogni dettaglio riportava alla serie tv. Fu una giornata memorabile».

Il premio 12 Apostoli

Winkler sarebbe tornato a Verona nel 2013, stavolta per un’ edizione straordinaria del premio letterario 12 Apostoli: «Sapevo che Henry partecipava come scrittore al Salone del Libro di Torino - spiega ancora Antonio Gioco -. È un uomo gentile, buono, altruista, geniale, attento al prossimo e lo dimostra la sua attività di scrittore dedicato al problema della dislessia, di cui egli stesso ha sofferto in tenera età. Aveva appena pubblicato alcuni romanzi in lingua italiana, libri dedicati a ragazzi dislessici che in America avevano avuto grande successo ed erano diventati una serie tv. Gli chiesi: «Vorremmo consegnarti il premio letterario 12 Apostoli per la tua ultima opera letteraria, possiamo vederci a Torino?». Quando rispose «No, voglio venire a Verona», il nostro stupore si mescolò all’euforia. Così glielo consegnammo in un incontro con la città al Teatro Nuovo gremito di gente, e il nostro premio assunse una dimensione internazionale».

Qualche anno, e a Verona sono di nuovo gli Happy Days: «Era maggio - ricorda Gioco -, e al 12 Apostoli entrò una bellissima coppia vestita di bianco, sembravano due attori ... ma lo erano veramente. Lei era Marion Ross, “Marion” la mamma della famiglia Cunningham in Happy Days giunta col marito Paul Michael a Verona su consiglio di Henry. Dopo un pranzo, facemmo una passeggiata. Piazza Erbe, piazza dei Signori, cortile di Giulietta, ma l'emozione che potei leggere nei loro occhi fu entrando in Arena. Rimasero a bocca aperta, si abbracciarono. Pareva l'ultima scena di un opera a lieto fine. Fu qualcosa di speciale. Le note della sigla televisiva di Happy Days, “Rock around the clock”, sembravano uscire dalle finestre delle case dei veronesi; quel brano accompagnò intere generazioni e ricordarlo a braccetto prima di Fonzie e poi di Marion è stato per me qualcosa di davvero magico». Wow!

Lorenzo Fabiano

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