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Due veronesi in finale allo Zecchino d’Oro

Zecchino d’Oro Fusaro e Capotorto con il maestro Vessicchio (al centro)
Zecchino d’Oro Fusaro e Capotorto con il maestro Vessicchio (al centro)
Zecchino d’Oro Fusaro e Capotorto con il maestro Vessicchio (al centro)
Zecchino d’Oro Fusaro e Capotorto con il maestro Vessicchio (al centro)

Michele Aiello vince il Biografilm di Bologna con il suo documentario «Io resto» girato negli Spedali Civili di Brescia fra marzo e aprile 2020, durante la prima inarrestabile ondata di pandemia. La motivazione della giuria sostiene che «evitando facili manipolazioni retoriche», il film «si inserisce nella migliore tradizione di un cinema di osservazione che va ben oltre la semplice documentazione», dove si può leggere un velato riferimento al neorealismo italiano. «Sabato, alle premiazioni, c’erano il presidente Bonaccini e altre istituzioni» commenta il regista veronese. «Si capisce che in Emilia Romagna ci tengono al cinema un po’ più che in Veneto». Premiato ex aequo con “Game of the Year”, “Io resto” è prodotto da Zalab di Andrea Segre, con la fotografia di Luca Gennari e le musiche di Franscesco Ambrosini. L’emozione nel vincere un premio così importante «è stata anche una sensazione nuova», racconta, «perché è il primo premio che vinco. Lo voglio interpretare come una spinta a seguire le mie idee, i miei progetti, a credere in me stesso. Poi questo premio va anche alle lavoratrici e ai lavoratori dell’ospedale che mi hanno accolto, hanno collaborato e hanno voluto che questa storia venisse prodotta». Quanto alla vittoria, spiega ancora: «Io mi rifaccio a quello che mi hanno detto in Svizzera (a Vision du Réel, ndr) e a Bologna. Loro hanno ricevuto centinaia di storie a tema covid che finivano per raccontare una persona sola o il punto di vista del regista. Io ho fatto subito una scelta molto radicale: non fare interviste frontali, non parlare della pandemia in senso stretto, non portare le persone a parlare delle loro sensazioni. Ho scommesso sul fatto di seguire le persone nelle loro relazioni. Inoltre, ho deciso di avere il massimo riserbo per i pazienti. E rimanere più asciutto su certe cose ha permesso di evocarne altre. Questo forse ha fatto la differenza». L’esperienza di «Io resto» è stata interassante anche proprio a livello filmico, come spiega Aiello. «Ho fatto una grande ricerca visiva. A me è sempre piaciuto il lavoro di osservazione, in cui non c’è la presenza del regista, un punto di vista esterno alla storia. Io voglio essere parte del contesto che racconto: nel caso specifico, voglio che la videocamera assomigli allo sguardo di un infermiere, di un paziente, di un dottore. Quel tipo di documentario che fanno Rosi, Martina Parente o Wiseman e che solitamente richiede molto tempo, mesi o addirittura anni. Nel delirio della pandemia, sono stato fortunato, perché era talmente intenso e frenetico il periodo, perché le persone volevano talmente tanto raccontare quello che stava succedendo che in un mese sono riuscito a filmare. “Io resto” è dedicato a queste persone perché si sono fidate di me, anche se ero un regista sconosciuto».•.

Adele Oriana OrlandoNicolò VincenziFabio RidolfiFrancesca SaglimbeniElena Biggi ParodiFrancesca SaglimbeniLuca SguazzardoElisabetta PapaGiovanna GirardiFabio RidolfiStefano Joppi

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