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Corradi: «Il Romano? Un’emozione» La danza apre con “Andrà tutto bene“

La coreografa Laura Corradi, fondatrice di ErsiliadanzaUna scena del balletto «Siamo tutti guerrieri» (foto di Stefano Falezza)
La coreografa Laura Corradi, fondatrice di ErsiliadanzaUna scena del balletto «Siamo tutti guerrieri» (foto di Stefano Falezza)
La coreografa Laura Corradi, fondatrice di ErsiliadanzaUna scena del balletto «Siamo tutti guerrieri» (foto di Stefano Falezza)
La coreografa Laura Corradi, fondatrice di ErsiliadanzaUna scena del balletto «Siamo tutti guerrieri» (foto di Stefano Falezza)

«Ci siamo sentiti soli, abbiamo ascoltato il silenzio, ci sono mancate le cose che prima ci infastidivano, voci persone e rumori, abbiamo cercato nelle strade vuote senza trovare nessuno, ci siamo sentiti clandestini, abbiamo cambiato strada vedendo la polizia, abbiamo camminato avanti e indietro senza sosta sui 200 metri concessi, non abbiamo mai fatto tanto movimento in vita nostra. Siamo stati sgridati e abbiamo cantato l’inno di Mameli, ci siamo sentiti fragili, finalmente, perchè siamo fragili. E il mondo, abbiamo scoperto, non gira intorno a noi». Parte da queste note di regia la coreografia che Laura Corradi presenterà al teatro Romano l’8 settembre, primo appuntamento con la danza dell’Estate Teatrale Veronese affidato alla sua compagnia, Ersiliadanza. «Questa apertura delle sezione danza che ci viene affidata ci pare tanto più significativa in questa stagione che pareva non doversi fare. Una stagione anomala, senza dubbio: farla è una grande conquista. Dobbiamo moltissimo all’amministrazione e al direttore artistico Carlo Mangolini per il grande impegno con cui hanno lavorato per ripartire», spiega la Corradi. All’indomani dunque dell’annuncio che anche questa 72a edizione della rassegna che accende le luci del teatro in riva all’Adige nei mesi estivi ha buone speranze di poter tornare a svolgersi nel luogo che ne rappresenta il simbolo, segnale di continuità importante per un festival dal richiamo nazionale, e dopo l’annuncio di due appuntamenti della sezione prosa, una riscrittura da «Amleto» dal titolo «L’amore segreto di Ofelia», dell’attore e autore inglese Steven Berkoff, con Chiara Francini protagonista, e un «Romeo e Giulietta» che porta la regia di Babilonia Teatri, con protagonisti Ugo Pagliai e Paola Gassmann, un coro di artisti veronesi e non interviene a lodare la scelta e l’impegno di Verona. «Sento sempre molta responsabilità nel mettere in scena uno spettacolo: quest’anno in maniera tanto più forte», prosegue la Corradi, «perchè tutti noi che lavoriamo a teatro e per il teatro abbiamo temuto che questa stagione saltasse. E tornare sul palco è davvero un’emozione. Sono sincera nel dire che cercheremo di dare tutto». Il balletto, che porterà il titolo emblematico di «Andrà tutto bene», nasce da un progetto, regia e coreografia di Laura Corradi e vedrà in scena quattro artisti: Midori Watanabe, Carlotta Plebs, Alberto Munarin e Marco Mantovani. «Per questa stagione che per forza di cose presenterà spettacoli più intimi, ho pensato fin dall’inizio che sarebbe stato molto emozionante e coinvolgente creare una coreografia che racconti l’impossibilità del contatto, il limite della distanza, i gesti abituali che non possiamo più fare: l’impeto dell’incontro che trova continui stop», spiega ancora la Corradi. «In realtà il tema della fragilità e una riflessione sul senso dell’esistenza accompagnano da sempre i miei lavori: la mia non è una danza di linee e figure, lavoro sulle emozioni. Ma emozioni che si generano da qualcosa che ci coinvolge anche con il corpo. Così è stato per “Felicità interna lorda“, una riflessione sulla ricerca della felicità, e insieme sul sentimento della sua irraggiungibilità. Così per “Siamo tutti guerrieri“ che mostra, sia pure con ironia, tutta la forza che è necessario mettere in gioco per affrontare le continue sfide della vita. Come dire, ci pare di essere arrivati ma la vita ci spalanca all’improvviso il vuoto sotto i piedi. Un po’, appunto, come quello cui assistiamo oggi». Dunque un «Andrà tutto bene» (allusione alla speranza come motore di ripartenza) raccontato con il corpo per ribadire l’importanza di un contatto che davamo per scontato e che solo attraverso la sua negazione oggi scopriamo essere qualcosa di così prezioso. Tanto più nel linguaggio della danza, dove il contatto è sempre sensibile, in ascolto, e significa un affidarsi reciproco il cui risultato è quell’alchimia che vediamo in scena. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

A.G.

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