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Fondazione Arena

Con «Zanetto» assaggio di Mascagni, che con «Cavalleria rusticana» apre la stagione lirica

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«Cavalleria rusticana», intermezzo

La breve opera in un atto «Zanetto» del livornese Pietro Mascagni, andata in scena domenica al Teatro Filarmonico, è quasi un’ anticipazione alle due opere veriste, «Cavalleria rusticana» di Pietro Mascagni e i «Pagliacci» di Ruggero Leoncavallo, che inaugureranno la prossima stagione areniana il 25 giugno, dopo l’apertura con «Aida» in forma di concerto diretta da Riccardo Muti.

Benché rappresentata a Pesaro nel 1896, «Zanetto ci riporta alla cultura della Milano in cui si era formato. Per poco, nei tre anni, dal 1882 al 1885, in cui il livornese, poco incline alla rigida formazione del Conservatorio, aveva condiviso la camera con il suo amico e conterraneo, Giacomo Puccini. Altri due amici livornesi ne avevano realizzato il libretto, Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci, autori anche del libretto di «Cavalleria Rusticana», che nel 1890 aveva riscosso uno straordinario successo. Il soggetto di «Zanetto» era tratto dalla commedia «Il viandante» (Le passant) di François Coppée, portata in scena da Sarah Bernhardt a Parigi nel 1869 ma, - ecco che arriviamo a Milano- , tradotta in italiano nel 1872 da Emilio Praga, esponente di spicco della Scapigliatura milanese.

«Una parte di popolazione - come la descrive Cletto Arrighi nel suo romanzo omonimo - tanto diversa dall’altra per i suoi traviamenti, sconosciuti ai giovani morigerati e dabbene che della vita hanno preso la strada comoda, senza emozioni come senza pericoli...». Il pericolo in «Zanetto» è la protagonista Silvia, proiezione maschile della donna mantide. La storia fra la donna di navigata esperienza e il giovane ancora ignaro d’amore è quasi un’ anticipazione della dissoluta marescialla di «Rosenkavalier» di Strauss. L’ambientazione è la Firenze del Rinascimento, ma conviene ricordare i pittori e letterati d’avanguardia, da Ferdinando Fontana a Arrigo Boito, che sia Puccini che Mascagni frequentarono, e il sentire di questa società milanese la cui parola d’ordine era modernità. Come quella che produsse le grandi trasformazioni ottocentesche della città, l’inserimento della Galleria Vittorio Emanuele II, il primo luogo di Milano illuminato elettricamente e, sempre nel 1880, l’arrivo, in piazza del Duomo, dei primi tram a cavalli.

Elena Biggi Parodi

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