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CONSIGLI DI VISIONE

«Picnic at Hanging Rock», Peter Weir e una parabola sull’enigma dell’assenza

Un’opera misteriosa, enigmatica, allusiva, psichedelica: uno di quei film che non si dimenticano più
Picnic at Hanging Rock
Peter Weir, 1975
Picnic at Hanging Rock Peter Weir, 1975
Picnic at Hanging Rock
Peter Weir, 1975
Picnic at Hanging Rock Peter Weir, 1975

È uno di quei film che una volta visti non si dimenticano più. A chi conosce e sa non serve spiegare niente; a tutti gli altri basti dire che «Picnic at Hanging Rock» di Peter Weir molto probabilmente vi aprirà gli occhi su tutto un altro modo di pensare e di fare cinema.

Lo riporta in Italia Mubi in questi giorni (ma si trova facilmente anche per il mercato home), nella versione definitiva e accorciata secondo la volontà del regista australiano. Che lavorò soprattutto di forbici dopo la prima ipotesi di montaggio, intuendo che per arrivare al capolavoro era necessario soprattutto togliere, asciugare.

Il risultato è un’opera misteriosa, enigmatica, allusiva, psichedelica; la storia di un gruppo di collegiali che si smarrisce tra le crepe di una grande roccia si trasforma in una parabola sull’assenza che rivaleggia per intensità con «L’avventura» di Michelangelo Antonioni. Non c’è un vero e proprio inizio, non c’è un vero e proprio finale. Il tempo scorre eppure non ci si muove; estasiati dalla bellezza delle immagini, dalla meraviglia dell’assurdo. Grande cinema nel quale (letteralmente) perdersi. Lu.Ca.

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