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Schermi & visioni

Lampi di neorealismo e la new wave francese

Stromboli
RobertoRossellini (1950)

La peccatrice Karin che si dibatte tra le ceneri del grande vulcano, una Bergman strappata ai paradisi artificiali di Hollywood e naufragata sulle rive infernali di Stromboli, è una delle immagini più eversive e radicali della storia del cinema. Il padre del neorealismo, il profeta della città aperta, chiude i conti con il trauma della guerra, con gli stracci e gli sfollati, e spalanca con un soffio di fuoco il nero cancello della modernità, spostando l'obiettivo dalle macerie del paesaggio a quelle dell'anima (in fondo all'aula la Nouvelle Vague prende appunti). Tra squarci di documentarismo visionario (leggendarie le sequenze della mattanza) e slanci di puro misticismo, un film di una potenza sconvolgente; che vive ancora dell'eco scandalosa dell'amore tra le dea Ingrid e Rossellini, con la mitica battaglia tra set orchestrata dalla respinta Anna Magnani. Su Mubi.

Non c'è pace tra gli ulivi
Giuseppe De Santis (1950)

Benedetta RaiPlay, risorsa d'archivio insostituibile quando si tratta di cinema italiano degli anni d'oro. «Non c'è pace tra gli ulivi» è l'ultimo film della trilogia della terra di Giuseppe De Santis, uscito nel 1950 dopo «Caccia tragica» (1947) ma soprattutto dopo il clamoroso successo di «Riso Amaro» (1949), diventato un caso anche dall'altra parte dell'Atlantico grazie al magnetismo della diva Silvana. Non c'è la Mangano, in «Non c'è pace tra gli ulivi», ma De Santis si conferma maestro dei ruoli femminili scegliendo Lucia Bosè, coprotagonista con Raf Vallone di un western sudista e contadino: una storia di rancore e di vendetta nella quale il deserto del Texas cede il posto ai crinali brulli della Ciociaria, le mandrie ai gregge e i cowboy ai pastori. Girato nei pressi di Fondi (paese natale di De Santis), un capolavoro da riscoprire.

Un bel mattino
Mia Hansen-Løve (2022)

È stato uno dei titoli più citati nelle classifiche di fine 2022, passato dai grandi schermi di Cannes e arrivato anche da noi in punta di piedi grazie alla Teodora Film: «Un beau matin», ripescato da Mubi proprio in questi giorni, è l'ennesima conferma del talento dell'attrice-regista di «Tout est pardonné» e «L'Avenir», una delle autrici di punta della new wave francese. Che per questo delicato e commovente ritratto di (giovane) signora beneficia di una Léa Seydoux (nel ruolo di Sandra) in stato di pura e radiosa grazia. È lei a rubare la scena e a ipnotizzare lo sguardo, perfettamente al centro della narrazione e del crescendo drammatico. Interprete, traduttrice e madre di una bambina, la protagonista è rimasta sola dopo la scomparsa del marito, con un padre affetto da una grave malattia e un amore travagliato come via di riscatto. Toccante.

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