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In sala

«Ghostbusters», ci risiamo: un altro sequel che non va

Con «Minaccia glaciale» l'universo acchiappafantasmi si conferma a corto di idee: un cattivo che non fa paura e pochissimo da salvare

In fondo non si chiede il film della vita a un sequel: la giusta dose di nostalgia in formato grande schermo, un paio d’ore senza strafare, qualche passaggio sopra la media del vedi e dimentica, una manciata di battute che restano. Il più di solito è già stato fatto in passato, che siano tre, sei o vent’anni fa. Però succede che il ritorno non sfiguri rispetto alla prima volta. «Terminator 2», ad esempio, che dei sequel riusciti alla grande è forse l’esempio più fulgido e insuperato; o i secondi capitoli di «Arma letale» e «Die Hard»; ma anche «Indiana Jones», che fino all’ultima crociata non ha fatto rimpiangere le precedenti avventure dell’archeologo con frusta e cappello. Persino il «Ghostbusters» di Vigo il Carpatico e della Statua della Libertà deambulante - correva l’anno 1989 - non era poi così male nel suo essere sopra le righe.

Poi però qualcosa si è inceppato dalle parti degli «Acchiappafantasmi»: di terzo episodio si è chiacchierato per anni, con Dan Aykroyd a lungo al lavoro su una possibile sceneggiatura, ma la scomparsa di Harold Ramis/Egon Spengler nel 2014 sembrava avere chiuso definitivamente la porta a un ulteriore sequel (nota a margine: se siete fan di Harold Ramis, ma anche se non lo siete, non perdetevi «Mio padre, l’acchiappafantasmi», scritto dalla figlia Violet e portato in Italia da Sagoma Editore). Fino al 2016, anno di uscita del reboot al femminile girato da Paul Feig, preludio da dimenticare - ma forse necessario per scongelare il franchise - al «Ghostbusters: Legacy» del 2021, affidato dal produttore Ivan Reitman, il regista dei primi due, alle cure del figlio Jason. Anche qui un mezzo buco nell’acqua, una specie di «Stranger Things» vorrei ma non posso, con Finn Wolfhard alias il Mike del Sottosopra a metterci la faccia e i riccioli neri.

Arriviamo così al 2024 e al «Ghostbusters - Minaccia glaciale» che sta in sala in questi giorni. Che non si discosta molto dal livello basso dei suoi fratelli maggiori. Non che il film sia da buttare nell’umido turandosi il naso, ma gli euro del biglietto alla fine un po’ li si rimpiangono. Fiacco il cattivo, il dio Garraka, che sembra uscito da uno spin-off ambientato a Narnia di «Stranger Things»; deboluccio il plot, che poggia quasi interamente sulle spalle dei personaggi di Mckenna Grace/Phoebe Spengler ed Emily Alyn Lind/il fantasma Melody, parecchio confusa su quel che gli sta capitando e sull’orientamento sessuale suo e dell’amica; troppo di contorno i vari Dan Aykroyd (Ray), Ernie Hudson (Winston), Annie Potts (Janine) e soprattutto Bill Murray (Peter), il cui utilizzo è tragicamente limitato a una manciata di minuti forse per colpa di una serie di rigide prescrizioni da contratto; bolsa l’idea del mastro di fuoco a richiamare il ben più celebre e giustamente celebrato mastro di chiavi (Rick Moranis). Non resta molto altro: gli zaini protonici, la Ecto-1, le trappole volanti montate sui droni, Slimer che prova (senza riuscirci) a tenere su la baracca, i mini marshmallow alla Minions... troppo poco per crederci davvero.

Luca Canini
letterboxd.com/RivBea79

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