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Cléo, la Nouvelle Vague secondo Agnès Varda

Se il padre della Nouvelle Vague è universalmente considerato Claude Chabrol, arrivato in sala con «Le Beau Serge» nel 1958, un anno prima di Truffaut - «I 400 colpi» è del 1959 - e due primavere in anticipo rispetto a Godard - «Fino all’ultimo respiro» vide la luce nel 1960 -, già nel 1954 la vera e unica madre della new wave francese, Agnès Varda, dichiarava al mondo che c’era una rivoluzione alle porte iniziando le riprese di «La Pointe Courte», storia d’amore e di tormento ambientata sulle rive del Mediterraneo, a Sète, e costruita attorno alla coppia in crisi formata da Philippe Noiret e Silvia Monfort.

Un debutto o quasi
Furono in pochi, purtroppo, a mettere gli occhi sul primo lavoro della futura signora Demy, tanto che la pellicola, prodotta con una manciata di franchi, sparì presto dalla circolazione, diventando nel tempo una bestia rara e mitica della quale tutti sapevano ma che nessuno aveva visto. Discorso diverso per il secondo film della Varda, «Cléo de 5 à 7» («Cléo dalle 5 alle 7»), che era e resta inevitabile quando il discorso cade sulla Nouvelle Vague. La Cléo di Agnes non solo passò dalle sale (anche quelle italiane), ma fu ospite del Festival di Cannes e di quello di Venezia. D’altronde era il 1962 e i tempi era cambiati: il successo di Traffaut e Godard aveva spalancato le porte di una nuova era, confermando che sotto le ceneri di Parigi covavano le braci di qualcosa di inedito. E anche per Agnès
e Cléo ci furono applausi e attenzione. Da allora «dalle 5 alle 7» ha vissuto di andate e ritorni, di alterne fortune (snobbato a lungo negli anni dell’impegno, quando si faticava ad andare oltre il politico), fino alla recente, definitiva consacrazione. La storia? Due ore nella vita di una cantante di (discreto) successo, Florence, nome d’arte Cléo, che si perde per le strade di Parigi in attesa del risultato di un esame medico (e non un esame qualunque: una biopsia per un sospetto tumore). Incontri casuali, amiche e amici, il pensiero fisso del peggio che potrebbe attenderla: il personaggio interpretato dalla bionda Corinne Marchand è un inno sperimentale all’inquietudine della femminilità, girato con uno stile folgorante in un bianco e nero sontuoso; un omaggio geniale a un’eccentrica di mestiere, a una divina che si trova ad affrontare l’idea che il destino le possa togliere ciò che di più caro ha al mondo: la sua bellezza. Incastonata al centro della pellicola, la chicca del cortometraggio «Les Fiancés du pont Macdonald», con protagonisti Jean-Luc Godard e Anna Karina, girato alla maniera delle slapstick comedy americane. Meraviglia nella meraviglia. Per un capolavoro che nei tempi che furono girava solo nei circolini e che ora invece potete trovare in streaming gratuito su Raiplay, a solo un clic di distanza dal vostro piccolo o grande schermo. Vedetelo o rivedetelo: il grande cinema non passa mai di moda.

Luca Canini

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