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LA MOSTRA DI VENEZIA

«C’è la mia storia in un film premiato al Festival del cinema»

Lupo Bianco
Lupo Bianco
Lupo Bianco
Lupo Bianco

Un bambino e una bambina di poco più di sei anni, entrambi con una famiglia assente. Lui, abbandonato dalla mamma quando aveva 15 giorni. Lei, con alle spalle una storia di indigenza e di degrado familiare. Si conoscono in una casa famiglia, che per loro rappresenterà di fatto una seconda occasione. Non nascono fratelli di sangue, ma forse diventano addirittura di più, trascorrendo molti mesi fianco a fianco tra giochi, paure e momenti di sconforto.

 

Lui, dopo qualche tempo, viene adottato da una facoltosa coppia di Vercelli: diventa avvocato e trascorre una vita agiata, finché sente il bisogno di ridare al prossimo quello che la sua «buona stella» ha regalato a lui. Sembra la trama di un film.

 

E infatti questa storia ha ispirato «Lupo Bianco», regia di Tony Gangitano, film che racconta la vita di Carlo Olmo, il benefattore che donò ai medici di famiglia e a quelli ospedalieri, alle Rsa e ai cittadini dispositivi di protezione individuale durante la prima ondata del coronavirus e che l’autunno scorso è stato nominato Cavaliere della Repubblica dal presidente Sergio Mattarella. La bimba che lo ha accompagnato nel suo momento più buio, e che lui ha tenuto nel cuore per tutto questo tempo, da 40 anni vive a Verona e oggi sarà a Venezia, dove rivedrà per la prima volta dopo quasi 50 anni il suo amico fraterno, in occasione della presentazione al Festival del cinema di quella pellicola in cui, all’inizio, compare anche il suo personaggio.

«Per me è un’emozione immensa», confessa Cristina Raspini, 55 anni, che ora fa la commessa in una gioielleria del centro. «Da quando Carlo è stato adottato, quando eravamo molto piccoli, non ci siamo più sentiti né visti», racconta. «Lui ha avuto la fortuna di aver trovato una famiglia adottiva, io e le mie sorelle, invece, siamo rimaste nella casa famiglia di Santa Margherita Ligure in cui lo avevamo conosciuto. La vita ha diviso le nostre strade, ma io l’ho sempre tenuto nel cuore. E ora il destino, a sorpresa, ci ha fatto rincontrare».

 

Tutto nasce solo qualche settimana fa: le tre donne che gestivano la casa famiglia, ormai anziane, chiamano Cristina, con cui negli anni sono rimaste in contatto, incontrandola e sostenendola nei momenti più importanti della sua vita, e le chiedono di provare a rintracciare Carlo: vorrebbero rivederlo dopo tanti anni, sapere come sta. Cristina si mette sulle sue tracce su Facebook, dopo un po’ di ricerche lo rintraccia e lui risponde. «Al telefono sembrava quasi che il tempo non fosse passato», racconta Rampini travolta da tante emozioni. «Carlo mi ha confessato che all’inizio ha sofferto molto per il distacco, che ha pianto notti intere e che negli anni mi ha pensato tantissimo. Del resto anche io l’ho sempre portato nel cuore, non so come avrei fatto se non ci fosse stato. Conservo ancora le nostre foto di allora: vicini e complici, come due fratelli».

 

Un amore fraterno da cui Olmo ha voluto che prendesse le mosse il film che lo riguarda, girato negli scorsi mesi, prodotto da CinemaSet e con Sebastiano Somma nelle vesti del benefattore, pronto per uscire nelle sale, con il patrocinio del Miur, dopo che sarà premiato al Lido di Venezia. Il lungometraggio sarà presente nello spazio «International Starlight Cinema Award» dell’ente nazionale Fondazione dello Spettacolo, dedicato alle opere che affrontano temi quali l’impegno sociale «Mi hanno invitato alla presentazione che avverrà oggi al Lido: mi tremano le gambe, non sto nella pelle. Sia per il film, perché sono sinceramente contenta per lui e auguro alla pellicola tutto il successo che si merita, ma soprattutto perché finalmente rivedrò Carlo: è un fratello, di cuore e di anima. Siamo stati l’uno per l’altra quella famiglia che a tutti e due all’inizio è mancata: un dolore che, anche crescendo, ti resta dentro, perché se non hai una famiglia, non ti senti un individuo completo».

Elisa Pasetto

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