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«Balla coi lupi», trent’anni

Oggi il nome di Kevin Costner è tornato a far rima con western grazie a «Yellowstone» (serie televisiva la cui seconda stagione è appena stata trasmessa da Sky Atlantic), ma chi poteva esserne il protagonista se non colui che trent’anni fa contribuì al rilancio del genere grazie a «Balla coi lupi»? Infatti, quando il film venne proiettato per la prima volta a Washington (il 19 ottobre 1990) in pochi avrebbero scommesso sul suo clamoroso successo planetario (oltre 400 milioni di dollari incassati su un budget di 20) e nessuno avrebbe mai ipotizzato che l’esordio di Costner dietro la macchina da presa avrebbe sbancato la notte degli Oscar, aggiudicandosi ben sette statuette. Girato fra Sud Dakota, Wyoming, Nebraska e Kansas, «Balla coi lupi» fu fortissimamente voluto da Costner, che si innamorò a tal punto del soggetto di Michael Blake da spingerlo a trasformarlo in un romanzo per poterne acquisire i diritti e dimostrare ai produttori l’appetibilità commerciale dalla storia di John Dunbar, il tenente nordista che (dopo essere stato inviato in uno sperduto presidio di frontiera) scopre la profondità della cultura indiana e comprende quanto sia invece distruttiva l’avanzata dell’uomo bianco. Blake scrisse gran parte del libro a casa dell’amico Costner e si occupò anche di adattarlo sotto forma di sceneggiatura. Non trovando un regista compatibile con il progetto, Costner decise di fare da solo e poco importa se la sua inesperienza gli fece sprecare i primi giorni di riprese. Recuperò sul campo, coniugando la grandiosità dell’epica western (si veda la spettacolare caccia al bisonte) a un realismo (naturale e psicologico) poetico eppure assai concreto, che rendeva un sentito risarcimento morale ai membri del popolo Sioux. «Balla coi lupi» ebbe inoltre ben due benedizioni: quella della nazione Sioux (che proclamò Costner membro onorario) e quella di Papa Giovanni Paolo II, che definì la colonna sonora di John Barry una delle sue opere musicali predilette. •

Angela Bosetto

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